“L’Italia, fino all’evento del 1986 alla centrale di Černobyl’, era considerato uno dei primi paesi di sviluppo del nucleare pacifico. Poi, avvenne il ribaltamento della situazione, non solo a causa del vecchio reattore sovietico, ma in particolare per il mutamento degli indirizzi politici riguardanti l’approvvigionamento energetico. Il referendum, organizzato e avvenuto sull’onda impulsiva dell’incidente di Černobyl’, ebbe per l’Italia un effetto, si potrebbe dire, ancor più devastante dell’incidente stesso. Il fatto d’essere stati gli unici ad abbandonare in maniera totale e incondizionata il nucleare (anche se l’esito del sondaggio non deliberò affatto un abbandono, bensì soltanto una sospensione) e con un altissimo prezzo da pagare, qualche dubbio avrebbe dovuto crearlo: ma si era già deciso da tempo d’investire in altri settori energetici.
Similmente avvenne nel 2011 con l’evento alla centrale di Fukushima, e di nuovo gli italiani furono rapidamente invitati a votare per un nuovo referendum: ma per una scelta così strategica per la nazione non si sarebbe dovuta delegare la popolazione, bensì si sarebbe dovuto decidere – similmente alla scelta sull’euro – esclusivamente a livello governativo, evitando sondaggi a seguito d’incidente in una centrale obsoleta.
L’Italia, di conseguenza, non possiede ancora alcun programma di produzione d’energia nucleare tramite fissione. Diversa è invece la situazione per lo sviluppo della tecnologia a fusione, per il quale l’Italia è in prima linea e collabora fattivamente con altri partner internazionali. Si tratta, tuttavia, d’attività ancora a livello di ricerca ed impianti prototipali, anche se in tal senso si stanno compiendo passi da gigante.
L’approvvigionamento energetico dal nucleare, nel nostro Paese, dovrebbe attualmente rappresentare una questione prioritaria così come altrove. Il nucleare moderno, nella politica relativa all’energia, sta infatti guadagnando un ruolo sempre più essenziale quasi ovunque: mentre nel mondo è in vigorosa crescita, in Italia – anche se abbiamo ottimi scienziati ed eccellenti imprese dello specifico settore – la situazione appare ancora ristagnante per i problemi già evidenziati”.
Quali progetti e dossier sono ora sui tavoli governativi pronti ad essere sviluppati o “rispolverati”?
“Possiamo considerare due importanti progressi dell’attuale tecnologia dei reattori nucleari, potenzialmente impiegabili per sostenere la decarbonizzazione del settore energetico da qui al 2050. Il primo riguarda il nuovo tipo di reattori a fissione, ovvero le centrali di IV generazione, che comportano un investimento di ricerca e sviluppo relativamente a lungo termine con ampie prospettive di rendimento. Il secondo riguarda i piccoli reattori modulari (SMR, small modular reactors), con potenze fino a 300 MW, che stanno globalmente riscuotendo un vasto interesse potendo fornire non solo energia elettrica continuativa e pulita, ma anche calore ed altri servizi. Si prevede che per tali piccoli reattori, in poco più di un decennio da oggi, inizierà una sfida competitiva a livello mondiale. Uno studio appena prodotto dall’Ufficio Parlamentare Francese per la Valutazione Scientifica e Tecnologica, in particolare, ha evidenziato che il nucleare è imperativo per gli obiettivi di produzione di idrogeno espressi a livello europeo e mondiale, stimando che tale produzione tramite i piccoli reattori modulari costerebbe una quarta parte di quella da fonti rinnovabili (eolico e solare).
Nelle centrali di IV generazione i rifiuti nucleari durano decenni anziché millenni, e dalla stessa quantità di combustibile nucleare sarà prodotta 100-300 volte più energia. Le centrali elettriche commerciali di tali reattori dovrebbero essere operative a partire dal 2030-35.
Una direzione sostanzialmente nuova, infine, è rappresentata dall’energia di fusione: sono necessari nuovi principi fisici, alto livello di tecnologia e transizione dagli esperimenti fisici allo sviluppo tecnologico. Le centrali elettriche commerciali dei reattori a fusione dovrebbero essere operative a partire dal 2050, col previsto allaccio alla rete elettrica del prototipo “Demo” (DEMOnstration Power Plant) sviluppato in seno al consorzio europeo “Eurofusion” anche in base all’esperienza che si sarà maturata grazie al progetto ITER”.
Quali potrebbero essere i primi passi da fare (con relative analisi di fattibilità)?
“Innanzitutto, ripristinare il programma nucleare italiano, bloccato dall’esito del referendum del 2011 organizzato dopo l’evento di Fukushima.
Il nucleare moderno è caratterizzato dai massimi livelli di sicurezza e produzione: i Gas Temperature High Reactor, ad esempio, sono già operativi in alcuni Paesi e prevedono la preparazione di materiale fissile senza possibilità di fuga o riciclo per usi bellici e con livelli d’automazione ancor più estesi. Il nucleare ha il minore impatto sull’ambiente, rispetto a qualunque altra fonte d’energia: non si produce gas pericoloso (effetto serra), i rifiuti sono separati dall’ambiente, per generare la stessa quantità d’energia elettrica è necessaria un’area sensibilmente ridotta rispetto ad altre fonti di energia. Le moderne centrali nucleari forniscono un ottimo habitat per lo sviluppo di qualsiasi specie di piante e animali e la loro acqua di scarico non contiene alcuna sostanza inquinante o pericolosa, rispettando qualsiasi regola relativa alla temperatura per la protezione della vita nell’acqua. La stessa acqua, impiegata per raffreddare, non entra in contatto con alcun materiale radioattivo. Anche se le centrali nucleari sono costose da costruire, l’energia che generano è al prezzo più basso di qualsiasi possibile fonte d’energia e tali centrali sono sempre più considerate, anche dagli ambientalisti, come fonti d’energia pulita. In Italia, dove il nucleare è assente da tempo tranne che per l’assai considerevole quantità di nucleare importato, è fondamentale agire davvero verso l’adozione del nucleare.
L’Italia otterrebbe così un’importante e più ampia autonomia delle risorse energetiche, ovvero un vantaggio che esisterebbe oggi da più di 30 anni se il sondaggio dell’8-9 novembre 1987 avesse avuto un esito diverso. La realizzazione e messa in esercizio in Italia di un congruo numero di centrali nucleari consentirebbe d’avvicinarsi logicamente al quadro internazionale relativo al mix energetico che attualmente comprende una considerevole frazione di gas, una modesta percentuale di carbone ed un’importante importazione di nucleare da Paesi esteri. Le emissioni specifiche d’anidride carbonica dell’area elettrica italiana, di conseguenza, sarebbero state ridotte notevolmente.
Infatti, il nucleare pesa nel portafoglio europeo di energia low carbon tra il 40 e 50%, e i Governi di Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria hanno recentemente richiesto alla Commissione Europea di sostenere la fonte energetica nucleare, oltre alle rinnovabili, quale unica soluzione in grado di consentire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
Pur considerando tutti i sussidi alle energie rinnovabili, ad ogni modo, le centrali nucleari sono sempre competitive con gli impianti rinnovabili anche in termini di costi. In definitiva, il nucleare è parte fondamentale del nostro futuro d’energia pulita: è la fonte d’energia che s’inserisce in un approccio critico neutrale dal punto di vista tecnologico alla crisi climatica.
Per raggiungere il 100% d’energia pulita entro le date prefissate, o creare una rete di ricarica effettivamente pulita per veicoli alimentati elettricamente, è indispensabile una fonte affidabile d’energia sempre attiva e priva d’emissioni di carbonio: vale a dire, l’energia nucleare, parte essenziale di qualsiasi soluzione climatica globale. Avendo già l’Europa approvato il nucleare nella cosiddetta taxonomy per l’energia verde, in Italia si dovrebbero quindi favorire gli investimenti sui modelli in sviluppo dei piccoli reattori avanzati”.
Quali esperti possono essere contattati in Italia riguardo a questi temi?
“L’Italia può vantare esperti tra i migliori in campo internazionale, che attualmente offrono con successo le proprie collaborazioni all’estero. Essi possono essere contattati anche attraverso l’AIN (Associazione Italiana Nucleare), di cui faccio parte. L’AIN mantiene vivo il livello di conoscenze del settore, elemento indispensabile nel caso di una prossima ripartenza. Esistono inoltre varie società italiane, prima fra tutte l’Ansaldo Nucleare, che sono operative anche all’estero”.
La differenza tra Italia e altri Paesi in merito al nucleare: pregiudizio o cosa?
“Si tratta, come già detto, di forti pregiudizi diffusi originari soprattutto da un’incorretta e disarmante informazione. In Italia manca ancora una vera e propria cultura sul nucleare, e la questione nasce già a livello scolastico: non si fornisce alcuna corretta informazione sul nucleare, neanche a livello di base, inteso anche come opportunità che potrebbe fornire.
Ben diverso è quanto avviene all’estero. In Ungheria, ad esempio, la scienza e l’ingegneria nucleare vantano una lunga ed eccellente tradizione: nella centrale nucleare di Paks, che attualmente produce il 30,82% dell’elettricità del Paese, è in corso la costruzione di due nuove unità di potenza del tipo VVER-1200 appartenenti alla generazione 3+, con una capacità di 1200 MW ciascuno. Quando nel 2017 ricevetti la commissione di tecnici da Paks, che mi avevano chiesto d’organizzare una visita alle nostre centrali in smantellamento, arrivarono anche i sindaci di 13 comuni di Paks e dintorni. La popolazione ungherese è sempre correttamente informata sul tema, e a Paks esiste anche un interessantissimo Museo del Nucleare. Anche in Italia si sarebbe potuto allestire un simile Museo, arricchendolo di numerose parti provenienti dai nostri reattori dismessi”.
Chi è Massimo Rogante
Ingegnere Meccanico e Dottore di Ricerca in Ingegneria Nucleare, titolare dello Studio d’Ingegneria Rogante (www.roganteengineering.com).Pioniere di applicazioni industriali delle tecniche neutroniche, Componente Italiano del Comitato Scientifico Internazionale del Centro Neutronico di Budapest, Componente del Comitato Scientifico di Selezione del Centro di Acceleratori e Metodi Analitici Nucleari, Istituto di Fisica Nucleare, Repubblica Ceca, dell’Associazione Italiana Nucleare, della Società Nucleare Ungherese, dell’Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti, dell’Academia Georgica Treiensis e dell’Accademia dei Catenati. È stato inoltre Componente della Commissione UNI (Ente Italiano di Normazione) “Tecnologie Nucleari e Radioprotezione” e dei Gruppi di Lavoro UNI “Energia Nucleare”. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e tecniche, è Premio Marchigiano dell’Anno 2018.