Si riparleranno. “Abbiamo individuato alcuni punti su cui è possibile trovare terreno comune” ha subito dettato alle agenzie Vladimir Medinsky, a capo della delegazione russa nei negoziati con l’Ucraina che si sono tenuti, fino a pochi minuti fa, a Gomel. Il prossimo incontro, “tra pochi giorni” (quasi a guadagnare tempo da parte dei russi) al confine tra Polonia e Bielorussia.
In una telefonata al presidente francese Macron, Putin – oltre a impegnarsi a “sospendere tutti gli attacchi contro i civili e le abitazioni”, vedremo se la promessa verrà mantenuta – ha posto subito due condizioni per il cessate il fuoco: che venga riconosciuta la Crimea come parte della Russia e un’Ucraina neutrale. Richieste che sembrano un’escamotage per poter uscirne decorosamente.
Intanto i combattimenti, sempre più cruenti, continuano. Missili contro le aree residenziali di Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina, dove i morti sono ormai centinaia. C’è timore di carneficine nelle città (Mariupol, Odessa, Karkhiv appunto) dove gli attacchi sono più feroci. A Enerhodar, città nel sud-est del Paese che ospita anche una centrale nucleare, sono i cittadini a tentare di fermare i carriarmati russi con delle barricate. Lo stesso timore di un’escalation che si vive anche a Chernobil.