Addio “Gruppo di Visegrad”, ora si va in ordine sparso. Aleksandar Vucic, che ha vinto le recenti elezioni con più del 60% di preferenze, andrà a riscrivere la Storia dell’area, semplicemente promettendo di lasciare fuori la Serbia da considerazioni sulla guerra Russia-Ucraina, con l’idea chiara di non imporre sanzioni al Paese amico come ha fatto il resto dell’Occidente.
Fuori la Polonia, che Putin non può vedere e viceversa, e la Repubblica Ceca che ha chiesto maggiori sanzioni contro la Russia, da quell’accordo ormai vecchio di Visegrad, l’asse Budapest-Belgrado (pur con tutte le limitazioni che Orban in Ungheria ha in quanto partner Nato e Ue) è la nuova faglia politica che rischia di destabilizzare l’Europa. Belgrado, nonostante l’amicizia di sempre con i russi, ha una precisa volontà di entrare nell’Unione Europea.
Bulgaria e Slovacchia, che hanno posizioni “attendiste” sul conflitto, sono altri due Paesi che tentennano sulle sanzioni Ue a Putin. A Bratislava primo ministro, Eduard Heger, ha dovuto smentire il proprio ministro dell’Economia che voleva pagare il gas in rubli, come richiesto da Mosca.