” O Roma o Orte”. L’inventore del celebre sarcasmo fu Mino Maccari che, come narrò il suo amico scrittore Romano Bilenchi, partecipò alla marcia su Roma vestito con un maglione nero, un impermeabile da donna color crema e al posto della pistola un pollo spennato.
Arrivato a Orte, scrisse su un muro la famosa frase che scimmiottava quella pronunciata da Giuseppe Garibaldi il 20 luglio del 1862 a Marsala al raduno delle Camicie Rosse, prima di dirigersi verso la capitale: “O Roma o morte!”. Insomma, se non si riesce ad arrivare a Roma, in una maniera o in un’altra si fa.
E’ ciò che succede a Civitanova dove ci sono liste che pur di racimolare qualche voto in più si fanno extralarge: ex compagni ed ex camerati tutti insieme appassionatamente. Ce n’è una in particolare che certamente non posizionandosi a destra, anzi avversandola, si avvale della collaborazione e dei consigli di nostalgici del ventennio. Si dice il vizio, ma non il peccatore, ma quella “suocera sparlante” dei social tira fuori ogni tanto anche queste gemme che magari, come in questo caso, risultano vere. Vere e proprie ammucchiate politiche.
Colpa di chi sceglie sempre di stare nel mezzo, nè carne nè pesce. Sarebbe meglio che l’elettore almeno sapesse a chi dà la sospirata ics, se a sinistra o a destra, a centro-sinistra o a centro-destra: votare a sinistra-destra non si può.
Il fascismo poi, è questione delicata. Diciamo la verità, l’Italia non ne è venuta mai fuori. Sempre Maccari scrisse che “il fascismo si divide in due parti: il fascismo propriamente detto e l’antifascismo”. Toscano ironico e sarcastico, poteva permettersi di infrangere i tabù.
A Civitanova non si può perchè si combatte sui voti, anche a costo di ingannare i lettori giurando di stare di qua e invece si sta di là (almeno per ora, poi si cambierà di nuovo). “Io non voglio morire da fascista”. Lo disse… Giorgio Almirante, che diede in quell’occasione una grande lezione di democrazia: mettendoci la faccia, facendo outing democratico anche contro il parere di molti dei suoi, non nascondendosi nella bugia politica della “trasversalità” o, peggio ancora, in un “civica” o ai bordi di essa.