Intervista a Giorgio Gatta, Promotore dei Territori (www.t-erre.org) e profondo conoscitore della Romagna.
Come è cambiato il marketing turistico nell’ultimo decennio?
Non si sceglie più una destinazione, ma l’esperienza che offre quella destinazione: “È come mi fai sentire!”. Ci sono tante località in Italia che pensano ancora di vivere di luce propria: il nome della destinazione non è più garanzia di successo e di attrattività. Conosco imprenditori di Riccione che sanno benissimo che devono sempre innovare la propria offerta, non tanto nel prezzo, ma soprattutto sui tipi di servizi che offrono e sono in costante ricerca di quello che hanno bisogno i turisti.
Conosco invece un sistema imprenditoriale a Moena in Val di Fassa che aspetta, come si è sempre fatto, il viaggiatore che arrivi a bussare alla loro porta e questo non è più possibile e presto o tardi ne pagheranno il prezzo. Il turista adesso apprende tutte informazioni su internet: pertanto, a parte il passa parola che funziona sempre, saranno le località che sapranno offrire la migliore immagine di sé a vincere sopra le altre. Insieme all’immagine sarà vincente rendere tutti i servizi facilmente usufruibili e attenti ai bisogni dei turisti.
Crede che la “Romagna Toscana” possa essere un destino appetibile per turisti italiani e stranieri?
Sì, potrebbe essere un brand molto importante per il turismo, ma non basta solo decantarlo. Il tempo dei grandi convegni e delle conferenze con accademici o tecnici, oltreché con i politici, dai nomi altisonanti, sono un retaggio della politica del passato. Quelle che contano sono le azioni per creare le condizioni di una coesione del territorio che si rifa alla propria storia e quindi a una cultura condivisa.
Le azioni sono poi costituite dalle relazioni fra le persone e dalle loro motivazioni. Guardo con grande simpatia e benevolenza ai tentativi di un progetto interregionale, ma vedo ahimè che si agisce con strumenti inadeguati e soprattutto attraverso una rete istituzionale fra comuni non più sufficiente.
Manca la cultura e il senso di appartenenza a un territorio più vasto che non preveda i confini delle regioni. Ricordiamoci che per un turista è l’immagine che il territorio sa dare che conta: dei nostri confini, fra Unioni Comunali, Regioni, Comprensori, non gliene importa nulla!
Cosa c’è di particolarmente attrattivo in questi luoghi?
La Romagna è una terra meravigliosa a patto che si vada a conoscere anche gli angoli meno conosciuti ma affascinanti dal punto paesaggistico e della narrazione che ne fanno i suoi abitanti. L’entroterra romagnolo dona al visitatore tanta bellezza e una ricca umanità che sa trasmettere l’amore per la propria terra, del saper fare e del lavoro fatto bene.
Sono sempre più convinto che il futuro sia nel turismo ‘lento’ nei piccoli comuni e nei Borghi d’Italia. Il turismo lento, inteso come cammini, escursioni, cicloturismo, turismo fluviale, turismo di media montagna, visite ai borghi, è in forte crescita, quasi inarrestabile. Ogni borgo è un prezioso scrigno che custodisce storia, arte, cucina e narrazioni di cultura popolare, ma offre anche attività come la caccia al tartufo, la riscoperta dei grani antichi, la raccolta delle erbe spontanee e le degustazioni di vini e olio.
Riassumo tutto in 4 parole chiave: PAESAGGIO, CULTURA, RACCONTO, CUCINA.
Come scegliere e coinvolgere questi turisti? Quali sono le offerte e figure professionali, a tuo giudizio, di cui ha bisogno un Territorio per rendersi attrattivo?
Da diverso tempo io e Fausto Faggioli – lui da molto più tempo di me – che si occupa di marketing territoriale turistico a livello europeo, promuoviamo un sistema integrato intersettoriale che spazi tutti i campi del vivere civile. Il turismo difatti è un aspetto trasversale a tanti temi di un territorio come il paesaggio e l’ambiente, l’urbanistica, il sociale, la cultura…
In altre parole il turista che diventa cittadino temporaneo deve incontrare persone che vivono felici nel loro contesto e nel loro viverbene di conseguenza sapranno trasmetterlo a loro. L’abitare un territorio per creare un ben-essere di tutti deve essere l’obiettivo finale che dovremmo perseguire e quindi fare turismo è soprattutto una questione sociale e di servizi al cittadino di qualsiasi provenienza siano.
Un sistema integrato intersettoriale vuol dire fare incontrare gli attori del territorio: ristoratori, proprietari e gestori di strutture ricettive, operatori turistici e culturali, negozianti e tutti coloro che a vario titolo si interfacciano con il turista. Incontrare vuol dire metterli attorno a un tavolo, relazionarsi con loro per apprendere le loro idee, le loro preoccupazioni, le loro sofferenze e le loro esigenze.
Questa modalità relazionale ha un duplice scopo: il primo è quello di creare un sistema di servizi connessi e integrati fra loro che risponda al meglio ai bisogni del turista. Il secondo è che parlandosi le persone di una comunità acquisiscono informazioni e saperi dell’uno e dell’altro, si danno forza e consapevolezza di essere una località con un enorme potenziale di attrattività turistica, creando un linguaggio unico di relazione con il turista, con un’identità forte e riconoscibile che danno il marchio e l’immagine del paese.
La figura professionale che dovrebbe curare tutto questo è il Destination Manager – purtroppo ancora poco diffuso in Italia – assai necessaria se si vuole parlare di strategia turistica delle destinazioni.
Di cosa hanno bisogno questi turisti, nel mondo “virtuale” di oggi? Che profilo hanno? Cosa chiedono in genere?
La sostenibilità è il fattore preminente a cui guarda il turista. Tutte le analisi sul turismo dicono che c’è una domanda in aumento di strutture ricettive che mettano la sostenibilità ambientale e la solidarietà al primo posto. Altrettanto importante è la relazione empatica che si instaura fra turista e host. Il massimo sarebbe fare sentire il turista cittadino temporaneo di quel borgo o di quel piccolo comune, dove il ben-essere di quella comunità viene trasmesso e fatto percepire al turista stesso.
In questo senso, il turista oggi è molto più esigente di 20 anni fa. Anzi, è ben contento di spendere cifre anche alte a fronte di un servizio che è nel pieno rispetto e perfettamente integrato con l’ambiente che lo circonda, oltre ad offrire prodotti del territorio di alta qualità se non i propri come negli agriturismi.
Un cicloturista è disposto, dati alla mano, a spendere 80-100 euro per una giornata, contro i 50 euro di un turista normale.
Di cosa ha bisogno un Territorio per essere promosso al meglio? Quali eventi? Il dato “esperienziale” è stato sostituito da quello “virtuale”?
Il nostro è un turismo che si distingue dal classico turismo di massa: è fatto di esperienze di umanità, di incontro fra le persone, di alta qualità sia nelle modalità di accoglienza del turista che di alta qualità dei prodotti che il territorio offre.
Il turismo nei nostri territori si attua se si creano le infrastrutture sul territorio: il punto informativo turistico ben visibile ed individuabile è di fondamentale importanza e dovrebbe essere il fulcro su come muoversi. I bike hotel, le ciclofficine, i punti di ristoro dislocati lungo i cammini, i noleggi sia di montain bike che di e-bike, gli alberghi diffusi, sono temi non più rimandabili per qualsiasi Amministrazione Locale.
Lo spopolamento dei borghi, la crisi dei servizi e dei finanziamenti nelle piccole località di montagna, non possono essere l’alibi per non far nulla anzi, dovrebbe essere la molla per darsi più da fare per una strategia complessiva del territorio.
Nel mio articolo https://www.azionenonviolenta.it/mete-di-turismo-sostenibile/ cito gli esempi virtuosi di Biccari, di “Destinazione Sila”, di Cerreto Alpi, il turismo di comunità di Sant’Ambrogio, dove intere comunità si sono messe in gioco sia per ritrovare un proprio benessere che per ragioni economiche di ricadute di posti di lavoro e di quant’altro c’è di positivo. Un noto imprenditore modiglianese mi ha detto un giorno che il territorio va presidiato con negozi, strutture ricettive e strutture enogastronomiche. Il paese deve essere vivo e il turista deve sentirsi un cittadino temporaneo che trova i servizi di cui ha bisogno.
Un turista che si trova bene, tornato a casa, evoca quelle immagini che lo hanno emozionato e che gli hanno lasciato qualcosa dentro: spargerà la voce presso parenti, amici e conoscenti e cercherà di ritornare in quei posti…
Il Turismo Sostenibile e i Cammini Religiosi possono essere l’offerta attrattiva del presente e del futuro?
I cammini religiosi fanno parte del turismo sostenibile ed esercitano un’attrazione in tantissime persone spinte non solo da motivi religiosi ma soprattutto per la dimensione spirituale del cammino stesso. I nomi di questi cammini evocano uno stare bene con noi stessi e rappresentano al tempo stesso una sfida per l’uomo e la donna nella contemporaneità.
Difatti contengono le radici storiche dell’Italia e dell’Europa, rispondono in parte alla nostra domanda: da dove veniamo, in quanto i nostri avi e i nostri antenati percorrevano quelle mulattiere, carraie, sentieri se si volevano spostare da una parte all’altra dell’Italia e da una parte all’altra dell’Europa.
Altro aspetto molto importante è il fattore tempo che viene rivalutato non più in chiave narcisistica ma diventa un prendersi un tempo per… La dimensione dilatata del tempo dove l’unica cosa che veramente conta è esercitare al massimo tutti i cinque i sensi e le relazioni che si fanno lungo la strada appaiono tutte uniche ed irripetibili. Tutte che valgono la pena di vivere, fino in fondo.