(articolo di Maurizio Verdenelli) – Negli occhi ho ancora chiarissima quella immagine che mia madre aveva messo in cima alla già corposa collezione che mi riguardava dopo 20 anni circa di mestiere in giro per l’Italia. Una foto di qualche giorno prima del Natale dell’87, il 21 dicembre, 35 anni fa, all’Istituto magistrale ‘Alberico Gentili’ di San Ginesio. In quello splendido bianco e nero (opera del ‘mitico’ fotoreporter del ‘Messaggero’ Pietro Baldoni) c’erano Piero Angela, celebre volto nel pieno del suo lungo apice di popolarità televisiva, lo scrivente e l’indimenticabile preside Giovanni Cardarelli. Che per avere il giornalista numero uno della Rai aveva impegnato sino allo stremo le sue peraltro inesauribili risorse di intelligenza, determinazione e tenacia.
Alla fine Angela, come altre ‘grandi firme’ della Contemporaneità in precedenza e di lì a poco altre ancora, aveva capitolato davanti all’assedio senza quartiere di un appassionato uomo di scuola che tutto faceva per i suoi ragazzi. E perchè il mondo della Sapienza e dell’Intelligenza e dell’Attualità fosse venuto in cima alla collina sanginesina all’interno di una provincia italiana un po’ dimenticata: il suo Mugello, la sua Barbiana del suo don Lorenzo (Milani).
E, al solito, chiamò, il professor Giovanni anche me. Circostanza, ogni volta ripetuta per cui gli sarò grato per tutta la vita. Fu una splendida, lunga mattinata a San Ginesio. A quel tempo ancor prima di Quark e SuperQuark, Piero Angela conduceva (se ben ricordo) un format di uguale, grande successo: “Nel buio degli anni luce”. La scienza, la nascita dell’Universo, comunicata giornalisticamente con super audience: da spettacolo ‘da sabato sera’.
Fu un’intervista pubblica condotta nelll’auditorium sanginesino dal preside Cardarelli e dal sottoscritto, prima dello tsunami delle domande da parte dei ragazzi. Ai quali Angela si sottopose con grande umiltà, dando tutto se stesson a quell’entusiastica platea giovanile. Non dimenticando di essere, prima che una ‘supernova’ nel firmamento della tv nazionale, un autentico giornalista. Vero, semplice, illuminato e dunque un maestro. Un caso pressicche’ unico rimasto nei miei suonati ora 55 anni di mestiere.
Otto anni fa, celebrandosi i 70 anni dallo sbarco di Normandia, vengo poi contattato dallo staff di Alberto Angela, poi dallo stesso figlio di Piero. Interessava la vicenda – ne avevo scritto – di Ferruccio Giglio il maceratese che unico italiano, arruolatosi volontario nell’esercito britannico, aveva preso parte allo sbarco degli Alleati il 6 giugno 1944. Fui a quel punto tramite tra Angela e il prof. Riccardo (Dick) Giglio, insegnante d’Inglese, mio caro amico (“Quando eravamo a Londra mi rifugiavo sotto il tavolo durante i bombardamenti dei V2”) e con un altro figlio di Ferruccio, docente all’Universita’ di Perugia. Che di lì a poco morì improvvisamente qualche giorno prima di prendere parte alla trasmissione in cui assieme al fratello avrebbe dovuto anch’egli raccontare del padre eroe. Il quale per decine d’anni aveva celato all’esterno della famiglia quella sua storica, terribile esperienza da cui si era salvato e rifiutato la pensione di guerra.