Finiti con la guerra Russia-Ucraina “i rassicuranti schemi della globalizzazione”, 50 milioni di persone nel mondo rischiano la fame. “Prendiamo per esempio l’Egitto e il Libano. Sono due delle nazioni maggiormente esposte alla crisi del grano ucraino e, per un gioco del destino ben poco divertente, sono anche alcune delle aree in cui l’agricoltura è nata, in cui il grano è stato seminato per la prima volta nella storia dell’umanità”. E’ la riflessione di Carlo Petrini, creatore di Slow Food.
Alla ricerca di cause “disequilibranti” non da oggi: “Il prezzo riconosciuto agli agricoltori italiani per il grano, per esempio, dagli anni Settanta è rimasto pressoché invariato per trent’anni. Chi, col nuovo millennio alle porte, sarebbe stato disposto a lavorare per lo stesso stipendio di trent’anni prima? E così addio al nostro grano tenero, che oggi soddisfa un terzo del fabbisogno italiano. La finanziarizzazione del sistema cibo ha rimescolato le carte, facendo ricadere gli effetti di una guerra in tutto il mondo. E poi c’è il progressivo abbandono della sovranità alimentare, una scelta compiuta e sostenuta da tutti i paesi del primo mondo, nel corso della cosiddetta Rivoluzione Verde: pur di ottenere raccolti abbondanti senza pensieri, abbiamo consegnato le chiavi dell’alimentazione ai colossi della chimica, che oggi smerciano i semi più diffusi al mondo e al contempo producono i pesticidi. Ma i prezzi di quelle licenze, là dove l’agricoltura era nata, non si potevano reggere, e così si è semplicemente smesso di coltivare”.
“Tutto e subito: la filosofia spicciola del ventunesimo secolo – conclude Petrini – Il prezzo lo stiamo pagando adesso e lo pagheremo in futuro, a meno di cominciare finalmente ad agire in un altro modo: cioè pensando alle conseguenze dei nostri gesti”.