Il Qatargate non ha chiarito le idee nè al Pd nè all’Europa

Il “noi siamo la parte lesa”, il mantra che va ripetendo Enrico Letta a chi incontra, non è certo segno di quella “diversità” a cui il segretario del Partito democratico ha sempre aspirato. Nè può aiutare la ricostruzione di un partito uscito bastonato dalle elezioni, in crisi d’identità e incerto su quale siano le sue priorità future: tornare a sinistra o, come avverrà, diventare socialdemocratici, e cioè aspirare a una rendita di posizione a vita, all’opposizione.

Gli sta dando una mano, nella confusione collettiva seguita allo scandalo del Qatargate, l’Europa. La presidente von der Leyen ha annunciato la “creazione di un codice etico che valga per tutte le istituzioni, con regole chiare” che evidentemente, commenteranno i cittadini, fino ad oggi non ci sono state. Possibile che la nostra cara Ue unita debba interrogarsi su cose scontate come questa? La von der Lyen ha chiesto che vengano assicurati “i più alti standard di indipendenza e integrità”: non c’erano ancora? A che serve il registro per la trasparenza che già esiste in merito alle lobby che gravitato a Bruxelles? 

“Non accetteremo mai la sporcizia che ci sta cadendo addosso con questo scandalo” ha ripetuto Letta nei giorni scorsi, come volendo eliminare i fantasmi che il caso Panzeri gli ha portato in casa. Ma Enrico e Ursula dovrebbero anche sapere come funzionano le cose, in Europa e in Italia. Sembra che non sia ffare loro. Panzeri (o Soumahoro) sono problemi di altri, finchè la barca va (prima del prossimo scoglio).

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