Addio Vialli. Il calcio perde un altro campione

“A volte penso di aver vissuto qualcosa di unico, di straordinario. Credo proprio di essere stato fortunato”. Il sogno della Samp scudettata, la Cremonese degli esordi, la consacrazione nella Juventus, i trionfi in nazionale a fianco del suo amico Roberto Mancini. Il mondo del calcio piange ancora: dopo Sinisa Mihajlovic e Pelè, anche Gianluca Vialli se n’è andato, a 58 anni, dopo aver lottato per cinque anni contro un tumore al pancreas.

“Il Michelangelo della Cappella Sistina, lo scultore che sa trasformarsi in pittore” come lo ha definito una volta Gianni Agnelli, si è spento nella clinica londinese dove si era ricoverato già da prima di Natale per l’aggravarsi delle sue condizioni. Era un giocatore diverso dagli altri: educatissimo, colto, critico con se stesso (“Sono stato un giocatore e un uomo forte, ma anche fragile”).

Proveniva da una famiglia borghese e ricca, ma è con “i suoi ragazzi”, quelli che vinsero lo scudetto a Genova sponda blucerchiata, che ha vissuto la sua vita: Mancini appunto, con cui ha trionfato a Wembley nell’ultimo Europeo, e altri che il tempo ha inghiottito: Pagliuca, Cerezo, Mikhailichenko, Lombardo. Il papà di tutti era Vujadin Boskov, l’allenatore di quella splendida squadra. “La vita è fatta per il 10 per cento di quel che ci succede e per il 90 per cento per come la affrontiamo” ha detto una volta. Gianluca, sei stato un campione anche in questo.

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