Il dubbio entrò a casa di tutti gli appassionati di calcio attraverso le immagini scioccanti di un video fatto nella camera 712 del Grand Hotel Marriott di Mosca. ”Guardate come siamo ridotti… Ho 25 anni, mi stanno ammazzando” commenta il giocatore steso sul lettino. E’ Fabio Cannavaro, il capitano della Nazionale che vinse il 9 luglio dell’anno seguente il Mondiale a Berlino.
Il dubbio entrò con una flebo e quel nome strano, il Neoton, un farmaco non illegale. Ma le immagini e le parole scioccarono l’Italia. Nonostante le diffide, “Punto e a capo”, un settimanale di Rai 2, all’epoca trasmise tutto. Agli appassionati della dea Eupalla, come la definiva Gianni Brera, vennero poi altri dubbi: le denunce dello “scomodo” Zdenek Zeman, l’allenatore senza peli sulla lingua, e l’inchiesta Guariniello.
Agli italiani cominciò a venire il sospetto che dietro ai risultati sportivi, o meglio alla ricerca di essi, ci fossero spogliatoi attrezzati come farmacie (illegali, per giunta). La paura è tornata di moda in questi giorni dopo la morte di Sinisa Mihajlovic, 53 anni, e Gianluca Vialli, 58, e le dichiarazioni sibilline del presidente della Lazio, Claudio Lotito: “Penso che dobbiamo approfondire alcune tematiche, ricorrono troppo spesso alcune malattie che potrebbero essere legate al tipo di stress e di cure… Ci dobbiamo porre l’interrogativo sul perché accadono queste cose in modo ricorrente. Accadono anche nella vita ordinaria, ma su dei fisici possenti e forti è più difficile che possano accadere. Malattie che cominciano a essere numerose nel nostro mondo”.
Dino Baggio, ex centrocampista di Parma, Juventus e Nazionale, ha dichiarato a una tv locale: “Non è che prendevi robe strane, prendevi delle robe normali, però bisogna vedere nel tempo se queste restano dentro o riesci a buttarle fuori oppure no”. I medici delle società sportive raramente spiegavano a fondo quali fossero queste medicine “miracolose”. “Bisognerebbe investigare un po’ sulle sostante prese in quei periodi”.
Alle parole di Baggio sono seguite quelle di Massimo Brambati, ex Torino: “Prendevo Micoren, che all’epoca non era sostanza proibita ma poi diventò proibitissima, come fossero caramelle. C’era un uso smodato di questo farmaco ma non solo, anche flebo in cui non so bene cosa ci fosse dentro e un altro preparato chiamato Animina. All’epoca ho fatto diversi esami antidoping, tutti negativi, si trattava di farmaci leciti. Due anni dopo sono diventate tutte sostanze super dopanti e non ce le hanno date più. Oggi, quando c’è una morte inaspettata, ti vengono in mente certe cose che prendevi”. Senza dimenticare, come ha sostenuto Beppe Dossena, che “all’epoca soprattutto tra i giovani calciatori c’era un po’ di ignoranza e leggerezza”.
Si è fatto sentire dalla Romania anche l’ex centravanti di Milan e Verona, Florin Raducioiu: “Facevo flebo con un liquido rosa, lo ricordo perfettamente. Lo ammetto, ho anche preso delle medicine. Chiamerò il medico che ci seguiva a Brescia per saperne di più e capire cosa ho preso negli anni. Non sapevo cosa ci fosse dentro le flebo. Ci è sempre stato detto che erano vitamine, di glucosio per la precisione”. Ancora dubbi.
Il ct della Nazionale, Roberto Mancini, grande amico di Vialli, stempera i toni: “Sinceramente non ne ho idea se c’è una correlazione fra i farmaci e le malattie nei calciatori. Certe cose possono accadere a tutti, dalle persone normali ai calciatori professionisti. Quindi ripeto, bisogna andare con i piedi di piombo in alcune dichiarazioni”. Certo, ma ormai la paura nei giocatori sembra aver fatto traboccare il vaso. Magari il mondo del calcio comincerà a farsi, finalmente, certe domande.