(articolo di Maurizio Verdenelli) – Ora lo so, Mario, perchè ieri mentre tu ti spegnevi senza che nulla io allora sapessi insistentemente, inconsapevolmente risuonavano dentro di me quelle tue parole del nostro ultimo incontro, l’agosto scorso. “Sta botta non la racconto”. E le infermiere dell’ospedale di Macerata che bene ti conoscevano, amorevolmente che ti confortavano: “Ma no, Mario: non dire così! Guarirai”.
Ci siamo parlati tutta la mattinata quella mattina dell’estate scorsa tra le tue molteplici telefonate, sopratutto alla tua adorata figlia Chiara, poi all’amica signora Fermanelli, pittrice, di cui curavi esposizioni e percorso artistico.
Oggi Macerata piange con la scomparsa di Mario Monachesi, 69 anni, l’ultimo poeta legato visceralmente al capoluogo. Terre e boschi della dilettissima Madonna del Monte erano le sue ‘Termopili’ dell’anima. Quante battaglie in difesa. Lo ricordo, lui ancora dipendente comunale, in redazione al ‘Messaggero’ che dirigevo. Battaglie vinte che gli aprirono scenari più ampi alla sua vocazione poetica. Generosissima e la convinzione di utilizzare, dopo il giornale romano, qualsiasi palcoscenico e mass media per comunicare e dar sentire la sua voce. A cominciare dall’associazione ‘La Rucola’ e il relativo mensile nati entrambi dalla collaborazione con Fernando Pallocchini, anch’egli ‘figlio’ di Madonna del Monte. Poesie scritte e poesie visive, pittura – importante il suo sodalizio con il grande Silvio Craia – l’impegno appassionato per trasmettere tradizioni, storie e valori della sua amatissima terra maceratese. Che gli hanno meritato il Premio dell’Adriatico e l’inserimento nell’antologia europea: Alchemy of poetry.
Un poeta-contadino? Un poeta-usciere? (dato il suo lungo servizio in Comune, dove si era presentato con il vestito della festa, il bianco che aveva accresciuto la propria naturale eleganza, sempre con il bel sorriso sulle labbra come gli aveva raccomandato la prima volta mamma Arduina che l’ha accudito sino alla fine dopo la morte dell’amatissima moglie Sonia).
Mario se n’è andato combattendo continuamente per sè, Chiara, per Macerata e per tutti coloro che l’amavano e che amava. Erano tanti. Ricordo la sua poesia scritta (pubblicata su ‘Pietro and friends’, Libero Paci, 2004; autori: Maurizio Lombardi e chi scrive; Pierino Bellesi editore) e la poesia visiva su P. Baldoni, il fotoreporter dalle ‘scelte giuste e coraggiose’. E la poesia dedicata a me quando lasciai, per avventure e sfide ancora più intriganti, Il Messaggero. Mi commosse ma da tempo mi ero convinto che quella ‘battaglia’ si era conclusa. Come la tua, Mario, per sempre ieri sera all’hospice di San Severino Marche. Che ti sia lieve la terra e che questa Macerata ormai smemorata di se stessa, voglia ricordarti. In qualche modo.