Quello che alcuni non vogliono succeda nella società, anche se poi la nostra Storia è fatta di incroci e sangue misto, sta avvenendo nel calcio. L’Italia, almeno a sentire il selezionatore Roberto Mancini, dovrà sempre più ricorrere agli oriundi per tenere alta la competitività della Nazionale, che oggi è assai a rischio. Da campioni d’Europa siamo passati, in poco tempo, a prendere sberle ovunque.
Giovedì contro l’Inghilterra il salvatore della patria avrebbe dovuto essere il nuovo centravanti, Mateo Retegui (con un nome così perchè lasciarselo sfuggire?). Che è argentino. Mateo ha fatto la sua parte, ha segnato un gol ed ormai è un titolare degli Azzurri, o quasi. Mancini pensa anche di ricorrere al 24enne Nicolas Capaldo che gioca nel Salisburgo e al 26enne Gabriel Strefezza che sta facendo una stagione magnifica a Lecce. Anche loro sono entrambi argentini.
Se ci mettiamo che gli altri fenomeni in fieri sono Wilfried Gnonto, che gioca all’estero da sempre, e il “tedesco” Vincenzo Grifo, idem, siamo messi proprio bene. Ma questo è il risultato dell’evoluzione naturale del calcio come della società italiana e delle sue grandi incertezze.
I club di serie A preferiscono comprarsi brocchi con ingaggi stellari (per farsi popolari presso i tifosi) che mettere in campo gli italiani. Prova ne è che il giovanissimo Simone Pafundi, sempre presente tra i 23 della Nazionale, ma nella sua squadra di club a Udine ha giocato, in tutto il campionato, solo 9 minuti. Mancini ci crede tantissimo, ma forse la spesa maggiore della Federazione in futuro sarà per l’ingaggio di buoni traduttori.