I fondi, nonostante le assicurazioni ungheresi, sono bloccati. Per la Unione Europea Budapest non ha ancora fornito sufficienti garanzie sulle 27 “milestones”, le pietre miliari che Bruxelles ha posto come condizione per versare i fondi di coesione per il periodo 2021-2027 e quelli relativi al programma di ripresa post Covid. Ventotto miliardi di euro.
“I commissari europei che esprimono costantemente nuovi dubbi sull’impegno dell’Ungheria sono semplicemente prevenuti nei nostri confronti per motivi politici e stanno trattenendo i nostri fondi in modo ingiusto senza alcuna base giuridica”. Parole del ministro degli Esteri, Péter Szijjártó: la legge adottata dal Parmento ungherese è, secondo lui, più che sufficiente per dare il via libera al pagamento dell’assegno. “Un buon passo nella giusta direzione, ma non è la fine del processo” ha risposto piccata Bruxelles.
Ma non è sulla giustizia che Ue e Ungheria stanno litigando. E’ sulla legge sull’orientamento sessuale (vietato nel Paese, in media e scuole, “sdoganare” l’omosessualità) criticata da 15 Stati membri che si gioca la partita (e sulla riforma delle università).
Nello stallo delle trattative, a Budapest si sono riuniti nei giorni scorsi i conservatori europei, per il secondo anno consecutivo. Probabilmente una mossa di Orbán per tenere saldo il consenso interno. Alla convention, che non è piaciuta per niente a Bruxelles, non ha partecipato di fatto l’Italia, che certi scatti avanti politici sembra non li faccia più, nonostante fossero riunite le destre mondiali: dal ceco Andrej Babiš allo stratega Steve Bannon, dal figlio dell’ex presidente brasiliano Bolsonaro al leader di Vox, lo spagnolo Santiago Abascal. L’assenza degli italiani – presenti solo un europdeputato FdI e un leghista – è stata notata da tutti.