All’ottava volta ufficiale, o forse alla centesima, Vini Jr. si è stancato di essere chiamato “scimmia”. Ogni partita dagli spalti lo apostrofano così, forse invidiosi della sue prodezze in campo. L’attaccante brasiliano del Real Madrid, Vinícius Júnior, ha aperto il vaso di Pandora, quello degli insulti ai giocatori di colore negli stadi spagnoli (“Il campionato che una volta apparteneva a Ronaldinho, Ronaldo, Cristiano e Messi oggi appartiene ai razzisti”). Ma la polemica è presto diventata internazionale: in tutto il mondo succedono fatti di questo genere.
La polizia spagnola ha arrestato per “crimini d’odio” tre persone a Valencia, coloro che aveva indicato Vinícius domenica facendo sospendere la partita per dieci minuti, e altre quattro a Madrid colpevoli di aver mostrato a gennaio un manichino impiccato con le sembianze del brasiliano. Non basterà.
Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha chiesto al suo ambasciatore in Spagna, Orlando Leite, di incontrare la ministra delle Pari Opportunità, Irene Montero, per discutere del caso e varare finalmente quelle misure drastiche che serviranno a contenere il fenomeno. La polizia federale brasiliana aprirà un fascicolo sugli insulti. A Rio de Janeiro, con un gesto eclatante e in segno di lutto, hanno spento le luci alla famosa statua del Cristo Redentore.
Solidarietà da tutti al giocatore per “una situazione di odio così ripugnante”, così scrive in un comunicato ufficiale il Real Madrid. Ma Vini jr. rincara: “Mi hanno augurato la morte ed esposto una bambola impiccata, è tutto documentato. Ma il discorso cade sempre su ‘casi isolati’, ‘si tratta di un tifoso’. No, non sono casi isolati. Sono episodi continui in diverse città della Spagna (e anche in un programma televisivo). Le prove sono lì nel video. Ora mi chiedo: quanti di questi razzisti hanno avuto il loro nomi o le loro foto pubblicate su siti web? Rispondo per semplificare: zero. Nessuno, neppure per raccontare una storia triste o per fare quelle finte scuse pubbliche. Non è calcio, è disumano”.