Ruben è prima di tutto un artista. Fa parte di quel gruppo di persone che nasce con un talento e di questa creatività ne segue le traiettorie, senza infingimenti nè pause, con l’assoluta devozione che la vera Arte richiede a chi la fa.
Non è questo che ci stupisce (sia anzi il benvenuto nell’ormai esigua cerchia di chi crede che solo le intuizioni più profonde, se convertite in forma, possano salvare questo sciagurato mondo) ma il fatto che Ruben Boari ha solo 13 anni. Un vero fluoriclasse per sua età, che nei suoi quadri ha già capito come le differenti angolature – alla maniera di un esperto regista cinematografico – possano rendere al meglio la precisione assoluta e dettagliata della sua arte e la polifonia sia in realtà l’unico accordo giusto.
Polisemantico, erede elegante e raffinato del fumetto pur non condividendone le semplificazioni, Ruben con le sue opere ci introduce in un mondo fatto di passato e presente, alto e basso, un Nuovo Mondo se ci è concesso, in cui il riferimento letterario o musicale è evidente, ma ancora di più lo è la suprema dea che accompagna i disegni del giovane (nato a San Severino, da papà, Stefano, italiano e madre, Daima, cubana, nella “mezcla” di culture che sempre ha giovato al processo artistico): l’invenzione, quella che, in altri ambiti e situazioni, Raymond Carver cercava “in un puntino dello specchio” che poteva allargarsi e svelare mondi diversi solo con la scrittura.
Avremmo dovuto parlare dell’ennesimo premio che ha ricevuto Ruben nei giorni scorsi ad Assisi, vincendo tra centinaia di migliaia di concorrenti in tutto il mondo, così come ha fatto a suo tempo a L’Avana (e tanto altro si potrebbe raccontare di questo giovane talento innamorato del viaggio e della musica), ma abbiamo preferito descriverlo com’è: un inventore, un esploratore, un viaggiatore per conto nostro. (per maggiori informazioni, www.rubenboari.com)