I soldi non sono poi tutto. La scelta di Buongiorno contro lo stress del calcio moderno

L’ovazione che il “Grande Torino”, lo stadio delle passioni granata, gli ha tributato all’ingresso in campo vale certamente più di una mazzetta di banconote. O sarebbe meglio dire di petrodollari, adesso che i migliori giocatori del mondo si trasferiscono nel deserto per cifre stellari per essere pedine consepevoli dello “sportwashing” (l’Arabia investe nel calcio per ripulirsi l’immagine di Paese poco – o per nulla – libero). 

Laureato in Economia aziendale, umile e pacato, grande difensore centrale tanto da essere già stato convocato in Nazionale, Alessandro Buongiorno è però prima di tutto un ragazzo innamorato. Del Torino, della squadra con cui ha giocato sin da piccolo, da quando aveva 8 anni. Oggi ne ha 24 ed è il vero “Capitan futuro” della formazione di Juric. Con un no secco al trasferimento all’Atalanta ha rinunciato a molti soldi in più e a un quasi certo avanzamento professionale (giocare in una squadra di vertice significa molte cose, anche in chiave di Nazionale), ma ha dimostrato, per la gioia dei veri sportivi, che esiste un mondo parallelo, quello in cui si possono ancora prendere delle decisioni autonome.

Alessandro è già una bandiera granata, come lo sfortunato Meroni, il compianto Ferrini, o il Toro dello scudetto. E’ una squadra che vince poco, ma che a volte, come in questo caso, regala perle di bellezza. “Con una grande scelta hai dimostrato che con un cuore granata non si fa mercato. Grazie Buongiorno” gli hanno scritto i tifosi.

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