La Russia si defila. L’Azerbaigian conquista il Nagorno-Karabakh

​Quando ci andammo, grazie a un aereo privato di una azienda che lavorava là, le sorti del conflitto per il controllo del Nagorno-Karabakh​ erano assai incerte. Era il 1992 e l’Armenia, allora forte e non isolata internazionalmente, avrebbe conquistato sette distretti di quella che, per cultura e religione, è una sua enclave.

Tre anni fa, con un blitz militare durato poco più di un mese, l’Azerbaigian ha ​però riconquistato i territori contesi, grazie ai droni che Israele e Turchia hanno fornito al Paese. Da quel momento non c’è stata pace per gli armeni – che hanno provato a costituire un governo in quell’area – costretti di fatto a sottostare alle vessazioni degli azeri.

Ieri Mosca, storica partner degli armeni ma arrabbiati con loro per le conversazioni di questi con gli Stati Uniti durante la guerra in corso tra Russia e Ucraina, aveva chiesto una tregua per il bene di tutti. Senza appoggiare più di tanto l’Armenia. Ma l’Azerbaigian, dopo aver lanciato un’offensiva militare su larga scala, ha già vinto.

C’è chi parla di pulizia etnica e chi conosce questa guerra sa che non si sbaglia di molto. Ankara alleata di Baku ha ​definito “necessaria” l’operazione ​militare dell’Azerbaigian. Ma chi può avere vantaggi da questa guerra “minore” (così me la descrissero dall’Italia quando all’epoca inviamo da Spitak articoli a Il Giornale)? Sempre a loro: agli Stati Uniti potrebbe interessare avvicinarsi all’Armenia per toglierla dalla sfera d’influenza russa e creare un asse caucasico con la Georgia. Sempre in ottica Guerra Fredda. 

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