Siccome “tra le forze sociali e gli esperti si registrano posizioni alquanto diversificate se non contrapposte” e “non è dato sapere l’impatto di una eventuale legge in materia sul sistema economico e produttivo e sulla stessa finanza pubblica”, il salario minimo in Italia rimarrà verosimilmente una chimera. Il Cnel, l’organo a cui il Governo si è rivolto per la delicata questione, ha dato il suo primo parere negativo. “Ci sono già i contratti collettivi a mettere ordine in materia”.
E così, nonostante sia rilevante il lavoro irregolare e sommerso e 22 Stati europei su 27 l’abbiano introdotto, il salario minimo rischia seriamente la bocciatura: “Il sistema di contrattazione collettiva italiano si muove, nel complesso, in una direzione diversa da quella della tariffa oraria” si legge nel documento.
Legittime le polemiche sul parere Cnel. Per esempio, che succede con gli oltre sette milioni di lavoratori che hanno il contratto collettivo scaduto da anni? E sui settori più caldi, sui servizi fiduciari come sul lavoro agricolo e domestico, come ci si comporterà?
Il salario minimo, fa notare chi vuole introdurlo, porrebbe un limite vero e legale a quelle contrattazioni che sono da sempre poco trasparenti (vedi gli accordi tra lavoratore e azienda diversi da quelli comunicato all’istituto di previdenza). Prossimo step fra due settimane in Parlamento.