(articolo di Maurizio Verdenelli) – All’uscita della bara bianca (bianchi e rosa i fiori) l’applauso è tenuto a lungo. Scatta sull’attenti il piccolo plotone della Polizia municipale schierato ai lati, sulla scalinata del sagrato di ‘San Giovanni’. Macerata, la sua storia attuale e quella appena trascorsa, i ragazzi, gli adulti, gli anziani, il sindaco con la fascia tricolore, e tanti ex sindaci sono tutti là venuti a salutare questa ragazza che se n’è andata a 18 anni.
Camilla Di Pietro, che viveva con i genitori, il fratello e la sorella all’ombra del Duomo, di quei pochi anni, un quarto quasi l’ha trascorso a combattere un male terribile. Senza pietà. “Ha voluto portare con sè i suoi cari braccialetti…” dice con un filo di voce la nonna Giulia. Quei braccialetti hanno rappresentato la vittoria di ‘Cami’: estrema ma risolutiva contro il male senza pietà che pure l’ha vinta. Indicativa del carattere di questa piccola guerriera che non conosceva la resa.
Non c’è disperazione tra la folla che gremisce l’ampia cattedrale e la piazza. Tra queste mille persone c’è rimpianto per una mancanza che si farà sentire. Per una battaglia silenziosa nella quale c’era dietro Camilla la solidarietà (mai scontata!) di una città che solo a giorni alterni è di Maria. Sulla piazza i compagni del liceo classico avevano innalzato un cuore rosso e palloncini bianchi: coreografia consueta per chi muore giovane ‘perchè grato agli dei’. Tuttavia per lei, una ragazza che il dolore e la forza d’animo avevano maturato enormemente, sono apparsi ‘superati’.
Sull’altare si sono susseguite le testimonianze, dall’insegnante di Scienze Umanistiche (ci è sembrato di comprendere dall’abbondanza di citazioni classiche) a quelle della sorella e del fratello. Tommaso ricorda Camilla, le esortazioni, i consigli: la voce vuole fuggire le lacrime (la sorella non lo permetterebbe). Ha toni giovanili, volutamente vigorosi, poi s’incrina.