Forse l’accordo sarà oprativo dalle prossime ore. A Madrid e anche a Bruxelles, dove si sono svolte in queste settimane le lunghe trattative, la fumata bianca tra Socialisti e Junts è data per scontata, nonostante le difficoltà incontrate per incardinare su giusti binari l’intesa sull’amnistia agli indipendentisti. Appena giovedì il segretario generale di Junts, Jordi Turull, aveva escluso la possibilità che si potesse chiudere da lì a breve, avvertendo dell’arrivo “di ore e giorni di grande pressione”.
Il nuovo governo a guida Pedro Sánchez avrà come alleati Junts appunto, i repubblicani dell’Erc con cui ha già stretto un patto, gli storici amici della piattaforma di sinistra Sumar, i baschi di PNV e di EH Bildu e i nazionalisti galiziani del BNG. Un esecutivo-mosaico che reggerà all’impatto delle differenze culturali e politiche di volta in volta.
Ma quella del governo a guida PSOE è stata per una Spagna spaccata più che mai l’unica possibilità per non ritornare alle urne. I Popolari, primo partito alle elezioni, a mettere assieme tutti per formare un esecutivo ci avevano provato a lungo, senza risultati: Vox, la formazione di estrema destra post-franchista, aveva perso troppi seggi a luglio. Per il 27 novembre, termine ultimo per presentarsi al Congresso, gli ostacoli a sinistra dovrebbero essere superati per un Sánchez bis. Accanto al leader degli indipendentisti, in esilio in Belgio dai tempi della condanna, Carles Puigdemond (nella foto).