“Mi manca tutto di lui. Soprattutto il fatto che non abbia potuto vedere i miei ultimi lavori”. La nostalgia per il padre Dino, il grande regista che narrò vizi e pregi di noi italiani del Dopoguerra, ha ispirato l’ultimo lavoro di Marco Risi, presentato al Torino Film Festival e in sala da gennaio. In fondo, i due fanno – egregiamente – lo stesso mestiere. La nota malinconica è nell’ambientazione, nel rapporto che due ragazzi finiti in una casa di riposo per un anno di lavori socialmente utili e gli anziani che la vivono. Scampoli di vita, da una e dall’altra parte.
E’ “Il punto di rugiada”, che vede protagonisti i giovani Alessandro Fella, condannato per aver provocato da sbronzo un grave incidente stradale, e Roberto Gudese, nei guai per spaccio di droga, e gli ospiti della struttura, un colonnello che non ha avuto un grande rapporto con il figlio (Eros Pagni), un ex fotografo che non vede l’ora di morire (Massimo De Francovich), un poeta (Luigi Diberti) e una eterna giovane (Erika Blank).
“Il film racconta molto di me e del libro scritto a proposito del rapporto con mio padre. Ha a che fare con i vecchi, con chi è vicino al ‘grande traguardo’ rispetto a chi invece la vita ce l’ha tutta davanti. Mi piace l’incontro fra questi due mondi che non sempre si sopportano” commenta Risi. Un film che fa riflettere anche sul libero arbitrio. “Per quanto riguarda l’eutanasia sono assolutamente favorevole. Ho detto ai miei se dovessi rincoglionirmi sopprimetemi!”. (nella cover: Marco Risi con il padre Dino)