Da Parini a Paisiello. La riscoperta del treiese Agostino Giezzi

(articolo di Maurizio Verdenelli) – Un nuovo Grande nel già affollato Olimpo di Treia. Una scoperta incredibile fatta a Milano sulle tracce di un gigante come Giuseppe Parini. Il Carneade treiese si chiamava Agostino Giezzi, un nobile nato nel 1752 nell’allora Montecchio da Filippo e Teresa Meloni, sesto di sette figli (almeno quelli storicizzati). Sposato all’anconetana Caterina Rossi, padre a sua volta di cinque figli (almeno quelli storicizzati).

Ma quale Carneade, don Lisander! Il marchigiano in questione risulta essere un Grande del quale gli storici di professione e non, nulla sapevano e poco ancora si sa considerato l’estinzione totale della famiglia Giezzi. Ma quel poco è già sufficiente per inserire Giezzi nella top ten del ranking letterario/artistico della nobile cittadina. Agostino ‘da Treia a Milano’ (recita il possibile titolo del libro che l’Accademia Georgica, a quei tempi ancora denominata dei Sollevati, pubblica a fine anno) fu ‘corrispondente’ di Giuseppe Parini, Gregorio Paisiello e Fortunato Benigni (40 lettere).

Da sinistra: Ivano Palmucci, Cinzia Cecchini, Stefano Caldirola, Aldo Radaelli e Paolo Bartesaghi

Talento poliedrico e lettore appassionato, rispose al bando pubblicato dal ‘Monitore bolognese’ lanciato dal Governo della Repubblica Cisalpina per la riforma del teatro che i tempi nuovi imponevano. Cosi tanto che il bando cui rispose da Treia, Agostino Giezzi era addirittura il secondo con un premio implementato: da 40 a 66 zecchini. Risposero in otto. La commissione era da far tremare i polsi. Una triade con il Parini al centro. Con lui il Longo e il Mascheroni.

La presidente Cecchini con i prof. Radaelli, Bartesaghi e Caldirola

Giezzi mandò la sua ‘dissertazione’, benissimo organizzata in 5 parti a coprire ogni aspetto dell’attività teatrale. Ma sapeva Agostino che aveva scarse chances: aveva infatti indicato come temi obbligatori di drammatizzazione quelli relativi alle Sacre Scritture. E’ vero che il Parini era un prete, anzi un abate ma come noto era dovuto diventarlo su input della prozia per poter avere un pur modesto reddito, lui che proveniva da un paesetto della Brianza (Bosisio) ultimogenito di un piccolo mercante di stoffe. Inoltre l’illuminista Parini era pure massone e doveva fare i conti con il governo giacobino. 

Giezzi inviando dunque la sua proposta, chiese di poter conoscere quella che alla fine sarebbe risultata vincitrice per poter magari collaborare da ‘cristano’ alla riforma del teatro sotto l’aspetto musicale. Tuttavia Parini salomonicamente (o democristianamente, ante litteran) decise di bocciare tutti i progetti pervenuti ed esaminati. Di lì a poco morì (1799) mentre gli austri-russi entravano a Milano. La Restaurazione era servita!

Il compositore Giovanni Paisiello

Il nostro Agostino non si perse d’animo. Inviò suoi elaborati al  Paisiello che da Parigi dove aveva diretto la Cappella imperiale si era spostato nella sua Napoli con incarico analogo. Il grande compositore glieli musicò. E quelle splendide armonie sono risuonate l’altro giorno nel loggiato ex Mercato nel corso della presentazione del libro che verrà grazie alla scoperta fatta dagli studiosi pariniani ed ambrosiani: i prof. Paolo Bartesaghi (che a Milano conobbe e sposò una giovane passotreiese), Aldo Radaelli e Stefano Caldirola. Presentati dalla presidente dell’Accademia Georgica, Cinzia Cecchini. Al tavolo, Ivano Palmucci, segretario generale dell’Istituto ed autore della scoperta delle origini treiesi di questo genio multitasking cui la municipalità richiedeva anche perizie pittoriche come testimoniato dal caso del beato Pietro da Treia. Il percorso è naturalmente appena iniziato: di Agostino non esiste neppure un ritratto. Tuttavia qui ‘nihil nov sub sole’ di Montecchio/Treia: neppure di Carlo Didimi ufficialmente è noto il bel viso del ‘bennato garzone’. (in copertina: Giuseppe Parini)

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