(articolo di Maurizio Verdenelli) – “Ricordati che siamo sovrani nel nostro mestiere. Perchè, impegnandoci nella verità (V maiuscola proto) ne rispondiamo”. Lo diceva, l’Arnaldo, ad un giovane cronista – che me lo riferì – timoroso delle pressioni del Contesto e della Politica. E a me che gli fui amico e confidente sino alla morte improvvisa, ed improvvida per il Giornalismo italiano, mi ricordava ancora indignato che sarebbe dovuto ancora nascere un editore che avrebbe potuto trattarlo come un “maggiordomo”.
Non c’era jattanza o smusurato orgoglio nell’Arnaldo, l’ultimo grande Cronista (C maiuscola, proto) made in Italy. Lui civitanovese – la Città Alta di Annibal Caro, per cui Pico non aveva mai ammirato ‘nido si’ bello’ – ma ultimo nato della leggendaria scuola della cronaca della mala milanese, dal capostipite Nino Nutrizio (La Notte) a Franco Di Bella (Corriere della Sera). Da Dino Buzzati a lui l’Arnaldo: Giuliani. Cuore da bambino, sguardo a 360 gradi, umile ma fiero ed invincibile che dovrebbe rifarsi al suo esempio per una nuova e necessaria ripartenza ideale.
Morto a 69 anni di età, il 18 gennaio 2000, capo cronista del Corsera, direttore del Corriere Adriatico, direttore editoriale de Le Edizioni Paoline, docente di Giornalismo, Civitanova Marche ne vuole ora doverosamente recuperare la preziosa testimonianza, l’eredità preziosa di combattente per il Buon Giornalismo. Speriamo personalmente che pure l’Ordine faccia altrettanto.
Fu il primo, Giuliani inviato a Bascape’ il 27 ottobre 1962, ad intuire che dietro la morte di Enrico Mattei si celasse un attentato, il complotto. C’è voluto mezzo secolo prima che la ‘blindatura’ alla verità sulla fine del fondatore dell’Eni saltasse, dando ragione a Giuliani. Che raccontò anche di un altro Grande Marchigiano di quegli anni, l’amico fedele di Mattei: Aristide Merloni. Che in aereo mostrò all’Arnaldo i suoi stabilimenti ‘innalzati’ tra monti e vigneti del Fabrianese. “Così che i miei operai possano restare qui nella loro terra senza più emigrare e magari coltivare quando c’è necessita’ il loro terreno”. Nacque cosi’ nei reportage di Giuliani il mito del ‘metal-mezzadro’.
Amico di tutti, anche dei nemici pubblici n.1, autore anche per questo di grandi scoop, giornalista dal tratto umano, nemico degli ‘scandalismi’ e delle tinte forti ad effetto (ora in voga), assolutamente vaccinato dalle fake news (ex bufale), Giuliani ricevette per Natale da uno dei capi della terribile banda di via Osoppo (dedita alle rapine) un tenero biglietto d’auguri – abeti, stelline, fiocchi di neve e luccichii. E Fabio Mantica, un’altra firma della ‘squadra’ dei neristi di via Solferino – la fatidica sede del Corsera – ricorda come uno dei duri della mala milanese piangesse in un’osteria di piazza Piola nel capoluogo lombardo sulla spalla dell’Arnaldo l’abbandono della fidanzata. Il ‘Quarto Potere’, alla Orson Welles coniugato alla via… civitanovese: che’ il cuore antico della sua città dove tutti sono un po’ ‘nipoti’ e ‘figli’ di tutti, lui Arnaldo Giuliani non l’aveva mai dimenticato.