“Caro amico mio, mi mancherai” ha twittato Francesco Totti. La foto del ricordo è in bianco e nero: sembrano passati mille anni dal giorno in cui il Pupone esordiva in serie A con la maglia giallorossa, la stessa del suo compagno di squadra. Sinisa Mihajlovic se n’è andato a 53 anni, vittima di una leucemia.
“Una morte ingiusta e prematura” hanno commentato la moglie Arianna e i cinque figli. “Questo è un giorno che non avrei mai voluto vivere” ha detto tra le lacrime il commissario tecnico della Nazionale, Roberto Mancini, che con Mihajlovic e Vialli ha costruito le fortune della Sampdoria scudettata.
E’ stato un calvario, quello di Sinisa: a nulla è valso, contro la malattia, lottare come un leone. Una giostra di miglioramenti e ricadute durata oltre due anni, con gli italiani, che al giocatore serbo volevano bene, a seguire l’altalena del dolore.
Nelle ultime stagioni è stato allenatore del Bologna, poi esonerato a settembre. Una decisione che è apparsa strana ai più: i felsinei conoscevano da tempo la situazione del loro tecnico, perchè cacciarlo? Sampdoria, Lazio, Roma, le sue squadre di sempre, e gli altri club lo hanno ricordato per le prodezze sportive e l’umanità. Celebri i suoi imprendibili calci di punizione. Riposa in pace, Sinisa, di te ricorderemo, al di là del talento calcistico, che ci hai insegnato come si affronta il male.