“Quando si parla di futuro, non si può non pensare a Enrico Mattei”

(Intervento di Emanuele Tacconi, cooperatore internazionale, lavora attualmente con l’Organizzazione Mondiale della Sanità) – “Sono nato a Matelica e i racconti dei miei nonni, di mio padre e dei miei zii avevano sempre gli stessi scenari: la guerra, le industrie dell’Ariston e i pozzi di petrolio dell’ENI. Non mi stancavo mai di ascoltarli. Avevo sempre tante domande da porgere e la mia curiosità era insaziabile.

Raccontavano storie tristi legate alla guerra, alla miseria, alla prigionia e alle azioni partigiane ma anche storie intrise di speranza del tempo della ricostruzione e del boom economico, il tempo delle opportunità quando tutti potevano dare alla parola futuro un significato concreto.

E quando si parla di futuro non si può non pensare a Enrico Mattei. L’uomo che vedeva lontano e per il quale il futuro era presente.

Ed e’ di lui e del miracolo economico e culturale che ha compiuto che mio padre e i miei zii, tutti dipendenti dell’ENI, mi raccontavano al loro ritorno a casa dopo mesi trascorsi nei pozzi di perforazione o nelle piattaforme off-shore.

Li assalivo per farmi narrare le loro nuove avventure che si svolgevano prevalentemente in Africa, in Oriente ma anche in sperdute località italiane, per me lontanissime, e per giorni osservavo estasiato quelle foto scattate in quei luoghi così lontani e che raffiguravano personaggi dai lineamenti e dal colore della pelle così diversi dai nostri. E tutto questo mi affascinavano molto.

Guardavo con ammirazione e rispetto le loro tute blu con il cane a sei zampe stampato sul petto messe ad asciugare al vento dalle mie nonne e mi ripetevo che un giorno anche io ne avrei indossata una e che avrei viaggiato sì per lavorare ma soprattutto per conoscere e comprendere quelle culture così diverse dalla mia.

In effetti fui assunto da una società del gruppo ENI e ho avuto cosi, giovanissimo, l’opportunità di fare esperienza nei siti di produzione dei petrolchimici di Ravenna, Ferrara e Porto Marghera e nei cantieri dell’ENI in Africa. Non potevo crederci. Anche io ero un dipendente del gruppo ENI e stavo intraprendendo una carriera che mi avrebbe consentito di esaudire il sogno che cullavo sin da quando ero bambino.

Purtroppo dopo qualche anno si creò una situazione di stallo e rimasi bloccato nella sede centrale di San Donato Milanese senza nessuna possibilità di ritornare all’estero. Non era proprio quello che desideravo ed inoltre mi ero reso conto che in sede la mentalità e l’atteggiamento dei colleghi non rispettavano affatto lo stile Mattei e cosi, senza sbattere la porta ma grato per quanto comunque avevo imparato in quei nove anni di permanenza, me ne andai. 

Da allora sono passati più di venticinque anni, tutti trascorsi lavorando all’estero, prevalentemente in paesi in via di sviluppo e in tutti questi anni gli  insegnamenti di Enrico Mattei, assimilati attraverso i racconti di mio padre, dei miei nonni, dei miei zii e da tutto quello che ho potuto leggere, sono stati fondamentali nella costruzione della mia formazione professionale.

Ciò che mi ha sempre affascinato di Enrico Mattei e’ stato il suo spirito mai domo, il suo talento nell’anticipare il futuro, la sua capacità di negoziare con successo con interlocutori culturalmente agli antipodi e il suo essere spietato quanto al contempo umano.

E ora piu’ che mai mi chiedo come sarebbero potuti essere oggi l’Italia e il mondo se a Mattei fosse stata concessa la possibilità di proseguire la propria opera spinto dal suo spirito di cooperazione tra i popoli, anti americano, anti Nato e anti colonialista.

Molto probabilmente la guerra in corso in Ucraina e l’attuale crisi energetica si sarebbero potute evitare così come si sarebbero potute evitare molte delle guerre che si sono combattute in questi ultimi decenni nel bacino mediterraneo e in Medio Oriente, così come le migliaia di morti tra i migranti insabbiati nei deserti o affondati nel Mediterraneo, le lotte intestine, create ad hoc, nei paesi produttori di petrolio, decenni di dittature, la primavera araba e lo sfruttamento di tutte le risorse di proprietà di quei stati che vengono definiti ex colonie ma che di fatto colonie lo sono ancora.

Ripeteva Mattei: “Il petrolio e’ di chi ce l’ha sotto i piedi”.

Mi viene in mente la parabola del gattino da lui raccontata in occasione di una sua partecipazione a una Tribuna Politica nel 1960.

Raccontò di una sera che dopo una lunga battuta di caccia riempì di cibo in abbondanza una grande ciotola per sfamare i suoi due cani.

Mentre i due segugi mangiavano, un gattino affamato si avvicinò timoroso con la speranza di poter mangiare qualche cosa anche lui ma non fece in tempo a posare la zampetta sulla ciotola che uno dei due grossi cani lo colpì sbattendolo contro il muro spezzandogli la spina dorsale. Il gattino morì da lì a poco.

Questo fatto lo colpì molto e da quel momento giurò a se stesso che non avrebbe mai fatto la parte del gattino.

Da ex partigiano non tollerava un’Italia soggetta alle prepotenti ingerenze praticate dalle potenze atlantiche, capitanate dagli Stati Uniti, in tutti i principali aspetti dell’attività politica del nostro paese, sia interna che estera.

Il suo obbiettivo era quello di rendere l’Italia libera e autonoma nella produzione di energia.

Cosa sarebbe ora l’Italia se Mattei non fosse stato ucciso a cinquantasei anni e’ difficile da dire ma c’è però una cosa che lui avrebbe potuto ulteriormente sviluppare se solo gli avessero concesso di vivere qualche anno in piu’ e che avrebbe sicuramente reso l’Italia diversa: lo sviluppo del nucleare.

Già nel 1957 Mattei fonda Agip Nucleare e la centrale elettronucleare di Latina al momento di entrare in funzione aveva il piu’ grande reattore per la produzione di energia elettrica d’Europa.

Inoltre nel 1959 costituì la società Somiren (Società minerali radioattivi energia nucleare) che scoprì due discreti giacimenti di minerale uranifero in Lombardia e in Piemonte.

Già alla fine degli anni cinquanta l’Italia era un paese all’avanguardia che oltre al più grosso reattore per la produzione di energia elettrica, aveva la più alta produzione e la migliore tecnologia.

Un’Italia con una significativa produzione energetica, capace di produrla a costi ragionevoli e di offrire energia a basso costo agli italiani sarebbe stata senza dubbio un’Italia piu’ vivibile e piu’ competitiva a livello internazionale.

Purtroppo fu fatto l’esatto contrario di quello che Mattei fece con l’AGIP. La centrale di Latina fu smantellata nel 1987.

Nonostante tutto ancora oggi a sessanta anni dalla sua morte noi italiani godiamo dei privilegi della grande eredità che Mattei ci ha lasciato.

Un’eredità le cui parole chiave sono: innovazione, passione per le sfide, fiducia nei giovani, integrazione, ricerca, sviluppo, indipendenza e cooperazione.

Sicuramente anche il mondo sarebbe stato diverso.

Diceva Mattei: “Il petrolio fa cadere i governi, fa scoppiare le rivoluzioni, i colpi di stato, condiziona l’equilibrio nel mondo … Il destino di milioni e milioni di uomini nel mondo in questo momento dipende da 4 o 5 miliardari americani…
La mia ambizione è battermi contro questo monopolio assurdo. E se non ci riuscirò io, ci riusciranno quei popoli che il petrolio ce l’hanno sotto i piedi”.

Per gli interessi legati al petrolio ha avuto contro gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Olanda ovvero quelle nazioni sotto il cui ombrello operavano le compagnie petrolifere che costituivano il cartello delle Sette Sorelle (la Standard Oil of New Jersey, la British Petroleum, la Standard Oil of California, la Gulf Oil, la Royal Dutch Shell, la Socony Mobil Oil e la Texas Oil).

Nonostante tutto Mattei, noncurante dei rischi e consapevole di essere alla guida di un mezzo che procedeva  ad altissima velocità  ma che era sprovvisto di freni, portò avanti il suo progetto.

Ignorando l’oligopolio delle Sette Sorelle (in verità Mattei le battezzò più appropiatamente le sette sorellastre ma furono poi i giornalisti a rinominarle sorelle), già nel 1954 l’ENI siglò un accordo con il governo egiziano sulla base di una formula del tutto nuova e fino a quel momento inimmaginabile. Costituì delle società miste a partecipazione diretta e a parità decisionale.

I stati produttori iniziavano ad assumersi le proprie responsabilità e a correre i propri rischi ma anche ad ottenere i giusti e meritati guadagni.

Lo stesso tipo di accordo fu siglato nel 1957 con la compagnia nazionale iraniana. L’ingresso dell’AGIP in Iran segnò una svolta importantissima.

L’Italia, entrata per ultima nel mondo della ricerca e dell’estrazione del petrolio, offriva a uno dei maggiori paesi petroliferi del mondo una formula che lo poneva su un piano paritetico nelle attività di sfruttamento delle risorse del sottosuolo.

Nel 1958 Mattei eseguì una missione d’affari in Cina mentre nel 1960 l’ENI firmò una serie di accordi commerciali con l’Unione Sovietica suscitando stupore e disappunto negli ambienti politici occidentali e nelle sedi delle grandi compagnie petrolifere.

L’Italia allora non voleva rinunciare al greggio russo che avrebbe pagato 0.67 centesimi di dollaro al barile contro gli 1.69 dollari al barile come imposto dal tariffario praticato dal cartello delle Sette Sorelle.

Acquistare il petrolio ad una prezzo piu’ onesto permise all’Italia di abbassare il costo della benzina ottenendo così innumerevoli vantaggi da un punto vista economico dei quali ne usufruirono tutti gli italiani.

Con l’attuale guerra in Ucraina, a distanza di sessantatre anni la storia si ripete e ora piu’ che mai si sente la mancanza di un personaggio come Mattei. 

Mattei a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta fu un fiume in piena.

Strinse rapporti commerciali e di cooperazione oltre che con Egitto, Iran, Unione Sovietica e Cina anche con Libia, Marocco, Giordania, Tunisia e Algeria – sostenendola anche nella lotta di liberazione finanziando il Fronte di Liberazione Nazionale – attuando una politica non più di sfruttamento ma di collaborazione proponendo ai paesi produttori profitti che potevano raggiungere il 75%. Inoltre Mattei agevolò la formazione tecnica di giovani africani e mediorientali che in un immediato futuro sarebbero andati a costituire una preparata classe dirigente, sia politica che imprenditoriale, nei paesi di origine offrendo così loro una seria opportunità di crescita e reale indipendenza.

Offrendo dignità il mondo sarebbe stato sicuramente diverso.

Io credo che il punto di non ritorno per Mattei sia iniziato nel 1961 quando fu eletto presidente degli Stati Uniti d’America John Kennedy nel cui programma figurava un’apertura verso un dialogo costruttivo con i paesi del terzo mondo in linea con quanto Mattei aveva da sempre auspicato.

Il presidente dell’Eni, riuscì ad instaurare un dialogo con la nuova amministrazione da poco insediatasi alla Casa Bianca.

Dagli archivi della JFK Library di Boston e dall’Eisenhower Library risulta che tra Mattei e Kennedy ci fu una corrispondenza molto stretta.

Kennedy era affascinato da Mattei e lo considerava l’uomo giusto per dare stabilità politica al governo italiano e per attuare le giuste riforme.

Iniziarono le trattive e Kennedy interferì con la Exxon affinché concludesse un accordo che prevedeva dei diritti di sfruttamento da parte dell’ENI e la fornitura di 12 milioni di tonnellate di grezzo all’anno a condizioni addirittura piu’ vantaggiose di quelle che l’ENI aveva concordato con l’Unione Sovietica.

L’accordo si sarebbe concluso nel dicembre del 1962 in occasione di un viaggio di Mattei a Washington durante il quale una rinomata università statunitense gli avrebbe conferito una laurea ad honoris causa. 

Mattei era isolato. Aveva contro politici di rilievo del governo italiano e ancor peggio tutte le compagnie petrolifere facenti parte del cartello delle Sette Sorelle. Andava fermato ad ogni costo, con qualsiasi mezzo.

E fu così che poche settimane prima di quel viaggio negli Stati Uniti, Mattei fu assassinato e un anno dopo la stessa sorte toccò a J.F. Kennedy.

Con la morte di Mattei svanì anche il miraggio di un bacino mediterraneo, di un’Africa e di un Medio Oriente prosperi, pacifici e finalmente liberi dal giogo dei padroni. Svanì il miraggio di vedere gli abitanti di queste terre meravigliose, intrise di culture millenarie integrarsi pacificamente con l’Europa e con il resto del mondo. Viceversa ha proliferato il terrorismo internazionale con le disastrose e tragiche conseguenze che ne sono susseguite nel corso di questi utimi decenni.

Non c’e’ niente di peggio di un’oppresso che lotta per la liberta’ sua e del suo popolo e questo Mattei lo sapeva bene”.

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