In nome della legalità e a pochi giorni dall’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro. Nelle campagne siciliane di Cinisi, nel fabbricato dove fu barbaramente ucciso Peppino Impastato, per ordine del boss Tano Badalamenti (“Tano seduto” come lo chiamava il giovane dalle frequenze di Radio Aut Aut), sorgerà un centro simbolo della lotta alla mafia. Perchè, come diceva Peppino, “la mafia è una montagna di merda”. Allora come ai nostri giorni.
Il progetto, predisposto dalla Soprintendenza dei bieni culturali e ambientali di Palermo, è opera di Selima Giuliano, figlia di un’altra vittima della mafia, che di quell’ufficio è la direttrice. Suo padre Boris, commissario che combatteva i corleonesi, fu ucciso nel 1979 dal boss Leoluca Bagarella. Otto anni fa il fabbricato era stato dichiarato patrimonio di tutti “per la forte valenza simbolica di testimonianza di civiltà e di lotta alla criminalità mafiosa”. In pochi mesi sarà la cattedrale laica simbolo della lotta al crimine.
A Impastato tre anni fa l’Ordine dei giornalisti siciliano ha concesso post mortem la tessera di professionista indicando come data d’iscrizione proprio il giorno della sua morte, il 9 maggio del 1978.