Come le proteste si sono estremizzate durante la pandemia

(articolo di Maurizio Petrocchi, Ricercatore in storia contemporanea Università di Macerata, esperto di violenza politica conflitti e terrorismo) – Il 21 febbraio 2020 veniva individuato il primo soggetto positivo in Italia di coronavirus Sars-Cov-2, un giovane adulto di 38 anni di Codogno, alcune settimane dopo, il 9 marzo tutto il paese sarebbe andato in lockdown. E’ stato constatato che shock naturali o causati dall’uomo possono avere un impatto sui fattori di radicalizzazione e sull’estremismo violento. Il tumulto dopo una catastrofe può creare o esacerbare le vulnerabilità all’interno di uno Stato, e gruppi estremisti violenti potrebbero sfruttare.  

Prima della pandemia gli attivisti di tutto il mondo avevano fatto presagire che le proteste già in atto in Iran, Algeria, Libano, Sudan, Sud-America, comprese quelle per il clima e quelle già in atto ad Hong Kong e in Nigeria si sarebbero certamente acuite. 

Il virus non è riuscito a soffocare le proteste di piazza esplose nel 2019, sono infatti impressionanti le immagini delle strade di Minneapolis gremite di gente a seguito della morte di George Floyd, o quelle di Hong Kong. Nel febbraio del 2020 in Cile manifestanti anti-governativi hanno protestato contro la profonda disuguaglianza economica e sociale vandalizzando i negozi dell’O’Higgins Hotel; nell’ottobre del 2019 in Libano dopo anni di instabilità economica e accuse di corruzione nei confronti del governo il premier Hariri si è dimesso. In Algeria il movimento popolare “hirak” dopo un anno di proteste anti-governative, interrotte dal lockdown, è riuscito a far destituire nell’aprile del 2019 il presidente Abdelaziz Bouteflika. In Equador nel corso degli ultimi mesi del 2019 manifestanti sono scesi nelle piazze di molte città per protestare contro le riforme del lavoro e fiscali del presidente Lenin Moreno.

Il 9 marzo 2020 il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte firmava un Dpcm nel quale istituiva il primo lockdown nazionale in tutta Europa. Tra le varie misure per il contenimento dei contagi anche la limitazione dei colloqui tra familiari e detenuti al fine di scongiurare i contagi dietro le sbarre. Questo faceva sì che in 49 istituti di pena italiani le proteste si sarebbero trasformate in rivolte, caratterizzate da evasioni di massa, con decine di morti. 

Le rivolte nelle carceri sortirono l’effetto desiderato, difatti, per stemperare la tensione, a parecchi prigionieri vennero concessi gli arresti domiciliari, tra questi anche alcuni boss condannati in via definitiva per mafia. Come ipotizzato dal Ministero degli Interni italiano dietro alle rivolte delle carceri sarebbe possibile individuare una regia comune diretta dalle organizzazioni criminali le quali, avrebbero fatto un vero e proprio investimento per accattivarsi il consenso sociale e sfruttare a proprio vantaggio l’emergenza sanitaria. 

Oltre all’emergenza sanitaria nell’autunno del 2020 si aggiungevano le preoccupazione derivanti dalle tensioni sociali esplose in molte città italiane quali, Roma, Torino, Napoli, Milano, Verona, Palermo, Trieste, Genova.  

I primi a scendere in piazza contro i divieti del Governo sono stati i commercianti, ristoratori, gestori di palestre e piscine, seguiti da semplici cittadini. Dalla rabbia alla violenza il passo fu breve, lanci di bottiglie molotov, saccheggi, assalti contro le forze di polizia caratterizzarono gli scontri. La protesta dei lavoratori fu anche cavalcata ed esasperata da formazioni di destra, centri sociali, anarco-insurrezionalisti, tifosi ultrà e bassa manovalanza della criminalità organizzata, insomma da professionisti dello scontro infiltrati all’interno delle manifestazioni, con il preciso scopo di provocare i disordini. 

L’introduzione del “Green pass” anche per i lavoratori pubblici e privati avrebbe ulteriormente esacerbato gli animi e le proteste.  Se da un lato chiusure e divieti hanno limitato gli spostamenti di milioni persone e contenuto la potenziale mobilitazione dell’estremismo politico, dall’altro, grazie alla complicità e al ruolo aggregante del web, hanno polarizzato una vivace propaganda che è riuscita a mettere insieme anarco-insurrezionalisti, marxisti-leninisti, realtà del movimento antagonista e circuiti della destra radicale, tutti impegnati a strumentalizzare la crisi sanitaria.   

Le teorie cospirative esistono da diversi secoli e nel corso della storia sono diventate spesso occasione di conflitti politici e sociali. Esse sono servite anche a spiegare grandi e piccoli eventi della storia e dell’attualità, tra le più conosciute ricordiamo i Monita secreta, uno dei i primi falsi storici, oppure i Protocolli dei Savi Anziani di Sion, teoria cospirativa che nella storia ha avuto l’impatto più drammatico

La pandemia non ha fatto altro che alimentare e diffondere nuove teorie complottistiche, non è mancato il “cospirazionismo di Stato” teso ad utilizzare la nascita e la diffusione del virus nel contesto di un conflitto geopolitico. 

Nel lungo periodo il virus fornirà “devastanti opportunità di reclutamento per estremisti di ogni genere”, l’assenza di una leadership condivisa e di un definito orientamento politico-ideologico ha concesso ampi spazi di manovra agli inserimenti strumentali di realtà estremiste meglio organizzate che in determinate occasioni non hanno perso l’occasione di generare pericolosi momenti di tensione. 

I gruppi anarco-insurrezionalisti, da sempre profondamente contrari ad ogni forma di «dominio», hanno avuto un atteggiamento refrattario nei confronti dalle restrizioni sanitarie, difatti hanno partecipato in maniera crescente alle contestazioni contro le misure anti-contagio, tentando di istigare i manifestanti in alcune piazze del Nord Italia, arrivando anche allo scontro con le forze dell’ordine. Per sobillare i manifestanti gli anarchici sono ricorsi massicciamente al web intensificando i messaggi istigatori contro la “militarizzazione” del territorio e l’asserita volontà dello Stato di enfatizzare la pericolosità del virus per promuovere il “controllo sociale”. 

Hanno creato nuovi siti dove si incitava alla “rivolta” e alla violazione dei divieti, fornendo in alcuni casi, suggerimenti operativi su come lanciare attacchi alle Forze di polizia. 

Il tema di fondo degli anarco-insurrezionalisti è rimasto quello della lotta alla “repressione”, mettendo in connessione l’emergenza pandemica con l’era di un moderno “capitalismo della sorveglianza”, sposando di conseguenza la campagna contro le tecnologie. 

Le proteste per la pandemia hanno rinvigorito la mobilitazione anarchica contro il 5G, i tralicci e ripetitori, reti in fibra ottica, sistemi di videosorveglianza, e le aziende specializzate nelle nuove tecnologie sono diventate i target privilegiati della campagna contro il “capitalismo digitale e le nocività”. Il movimento anarco-insurrezionalista si è distinto per una mobilitazione su un doppio livello, da un lato ha previsto un attivismo di tipo movimentista teso ad infiltrare le manifestazioni per promuovere più veementi pratiche di protesta, dall’altro ha messo in atto operazioni di marcata valenza terroristica con il compimento della tipica azione diretta nei confronti dei target prossimi alle differenti campagne di lotta. 

Nel corso degli ultimi anni si è progressivamente assistito ad una rinascita delle forme di estremismo di destra in molti Paesi del mondo. Nonostante alcuni warning provenienti da centri di ricerca sul fenomeno eversivo, in Italia non sembra destare la giusta considerazione la minaccia proveniente da quell’ambiente. 

Europa e Stati Uniti hanno visto nascere gruppi di estrema destra, spesso di natura extra-parlamentare, oppure collegati a figure politiche di spicco.

La diffusione di queste posizioni estremiste – scrive Barbara Lucini – che annoverano al loro interno prospettive ultra-nazionaliste, suprematiste, ecologiste, di replacement sociale e nuove identità sociali, devono essere lette alla luce di due criteri chiave: il loro carattere transnazionale e il loro essere sempre più fenomeni sociali ibridi. 

La rete ha permesso anche la progressiva personalizzazione di alcune figure diventate dei referenti per quell’area estrema, tra questi Jake Angeli – definito lo sciamano di Capitol Hill, il quale incarna perfettamente il substrato culturale che afferisce all’estrema destra americana, alle teorie cospirazioniste di QAnon e alla negazione della pandemia. 

Il variegato ambiente dell’estrema destra e parte dei movimenti cospirazionisti hanno agito soprattutto in certi scenari americani ed europei facendo un ampio uso dei social media e dei social network per le azioni di propaganda, per il reclutamento e per il rafforzamento dei vincoli identitari essenziali in questa tipologia di estremismo. 

Peculiarità dell’estrema destra è stata quella di aver strumentalizzato il dissenso in opposizione alla cosiddetta “dittatura sanitaria” sostenuta dal governo, associata in alcuni contesti a strategie di infiltrazione all’interno dei disomogenei movimenti di protesta contro i provvedimenti per il contenimento della pandemia, con l’unico intento di innalzare il livello di conflittualità. 

Le principali frange dell’estrema destra hanno seguito con molto interesse gli sviluppi dell’emergenza sanitaria, sfruttando il tema del disagio economico cercando di guadagnare consensi tra le categorie sociali più in difficoltà, soprattutto nelle periferie urbane. 

Non va affatto sottovalutata l’importanza dalle comunicazioni on-line e nello specifico quelle circolate all’interno di certi ambienti digitali come le chat di “Gab”, “Bitchute”, “4cha” durante la pandemia, le cui dinamiche informative hanno portato alla diffusione di disinformazione, negazionismo rispetto all’esistenza del virus stesso e la promozione di una modalità strumentale di definizione della crisi. 

Come per il terrorismo jihadista, anche per l’ultradestra filo-nazista la propaganda circolante su web, social network, chat e piattaforme di messaggistica ha concorso ad alimentare il fenomeno dell’estremismo violento e a favorire percorsi di radicalizzazione tra comunità di utenti sempre più estese e meno relegabili agli specifici ambienti di riferimento. 

È questo il sub-strato che ha fatto da terreno di coltura alla manifestazione del 9 ottobre del 2021 a Roma, degenerata nell’irruzione nella sede nazionale della CGIL da parte di militanti della formazione d’area Forza Nuova-FN. A seguito dell’evento sono stati arrestati diversi esponenti della formazione, tra cui lo storico fondatore. 

È difficile valutare ed identificare quale impatto abbia avuto la pandemia sulla radicalizzazione e sul reclutamento degli estremismi violenti, ma è chiaro che i complessi fattori di radicalizzazione continueranno per tutta la durata della pandemia, alcuni esacerbati dalla grave crisi economica, sociale e politica derivante dal Covid-19. 

Ellie Hearne e Nur Laiq sostengono che internet ha avuto un ruolo fondamentale all’interno dei processi di radicalizzazione, in particolare per i giovani under 35. Studi empirici hanno identificato l’importanza di YouTube e simili siti web di condivisione di video per aumentare l’accesso a materiale radicale o estremista. 

Per molti influencer e organizzazioni di estrema destra la pandemia ha rappresentato un ambiente favorevole alla loro tanto agognata fine della società democratica. Il forte aumento del numero di persone senza lavoro costrette a rimanere a casa e online, costituisce un nuovo potenziale demografico per il reclutamento. Perdere il proprio sostentamento rappresenta una perdita di dignità e i gruppi estremisti violenti tentano di sfruttare le persone con una reale o percepita mancanza di prospettive. 

I social media hanno consentito all’estrema destra violenta di diffondere i propri contenuti agevolando la creazione di un network entro e oltre i confini nazionali, ad un livello senza precedenti. Le nuove tecnologie inoltre hanno permesso agli estremisti di reclutare, radicalizzare, finanziare e pianificare attacchi ed attività violente. Molti di loro sono stati ispirati e influenzati da altri che hanno commesso atti di terrorismo, pubblicato manifesti e fatto dirette live streaming di attacchi on-line. 

Per il terrorismo eversivo il live-stream è diventato un aspetto unico su come celebrare e promuovere la violenza, e i social media sono il veicolo attraverso il quale questi vengono diffusi. I social media consentono alle persone che non sono affiliate ad un’organizzazione formale o a qualche movimento violento di estrema destra di trovare delle affinità e costruire una comunità, ottenendo l’accesso ad una rete globale di individui che la pensano allo stesso modo.  Allo stesso tempo, i grandi provider hanno tentato di frenare la proliferazione di contenuti violenti degli eversivi e delle teorie del complotto diffuse on-line anche se questo potrebbe essere preoccupante perché, mentre le democrazie liberali devono garantire la protezione della libertà di parola, il mainstreaming complica gli sforzi delle autorità di regolamentazione e delle forze dell’ordine per identificare cosa dovrebbe essere definito come “contenuto estremista”.

Ogni volta che le piattaforme tradizionali sono riuscite ad espellere gruppi ed istigatori di odio e di violenza, gli estremisti hanno cercato rifugio su piattaforme meno regolamentate in grado di garantire privacy e anonimato come Telegram, Discord, Gab e 4Chan.

È in corso l’inquietante tendenza a reclutare e radicalizzare bambini e giovani attratti dall’ideologia violenta di estrema destra, il Centro Studi Internazionale di radicalizzazione (ICSR) ha evidenziato che da un’analisi su 10 gruppi giovanili provenienti da tuta Europa, tutti erano nati a partire dal 2018, con una media di età inferiore ai 25 anni, i quali erano stati associati o arrestati per crimini ispirati dall’odio raziale e per incitamento alla violenza.

Giovani e giovanissimi sono visti da gruppi estremisti come facilmente manipolabili e maturi per l’indottrinamento, in vista di potenziali azioni violente da compiere. 

La pandemia ha aperto una finestra di opportunità per attori geopolitici ostili all’Italia e ai suoi alleati, siano essi statali che non-statali. Questi ultimi, in particolare, hanno promosso forme di propaganda volte a diffondere informazioni distorte, per mezzo di piattaforme online e dei social network, allo scopo di acuire le tensioni sociali, minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e ampliare il proprio bacino di reclutamento. Stante il carattere perdurante dell’emergenza sanitaria, non si è ancora consolidata una letteratura in materia capace di mappare e approfondire i meccanismi attraverso i quali tale propaganda si è sviluppata e diffusa.

Abbiamo visto come organizzazioni di estrema destra e movimenti di protesta hanno ampiamente sfruttato fin dall’inizio la situazione pandemica tramite narrative e teorie complottistiche inerenti al virus. 

In un rapporto del luglio 2020 della Direzione Esecutiva del Comitato Anti Terrorismo (CTED) delle Nazioni Unite è emerso che i gruppi di estrema destra stiano utilizzando le teorie del complotto e la disinformazione relative al COVID-19 per radicalizzare, reclutare e raccogliere fondi. Teorie del complotto e logiche anti-establishment sono state riscontrate anche in alcuni movimenti di protesta slegati da ideologie oltranziste quali i Gilet Arancioni, il movimento fondato dall’ex generale dei Carabinieri Antonio Pappalardo. Tramite il suo leader, il movimento ha rilanciato numerose teorie complottiste e di disinformazione riguardanti il COVID-19 per poi sfruttarle e fomentare la popolazione a ribellarsi alle limitazioni imposte dal governo. 

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