Il vice ministro dell’Interno, Majid Mirahmadi, ha annunciato nelle scorse ore i primi arresti per gli avvelenamenti delle studentesse iraniane. Quale sia il movente ancora non si sa: gruppi di islamisti radicali, che non vogliono l’istruzione per le donne, o lo stesso regime? E’ certo però che i tragici fatti, avvenuti in 230 scuole di 25 province, non hanno fatto altro che acuire la crisi istituzionale e politica dell’Iran con mezzo Paese che manifesta contro il regime da quando a settembre la polizia uccise la 22emnne Masha Amini per non aver indossato “correttamente” il velo.

Numerose studentesse hanno palesato nelle ultime settimane sintomi di intossicazione quali nausea, difficoltà di respirazione e palpitazioni. “Un crimine imperdonabile” l’ha subito condannato la Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, la più importante figura politica e religiosa del paese, smentendo così che il fatto sia collegato al regime. 

Le proteste, già virulente in quella che molti ritengono sia ormai una guerra civile, con il Paese spaccato a metà, con gli avvelenamenti sono aumentate: le insegnanti si sono riunite a Sanandaj, Shiraz, Babol e Karaj davanti alle sedi del ministero dell’Istruzione. 

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