Don Peppe Branchesi, tre anni dopo

(articolo di Maurizio Verdenelli) – Don Giuseppe Branchesi, tre anni fa. Per tutti, o quasi: don Peppe, il ‘nome d’arte’ che si era dato sin in tempi in cui appariva quasi disdicevole per un parroco l’utilizzo di un diminutivo. Ancorchè popolarissimo nel Maceratese (e dintorni). Lui aveva fatto proprio quella scelta in nome della comunicazione low profile anche se l’americanismo non era ancora invalso.

Don Giuseppe Branchesi con l’allora cardinale Ratzinger in piazza San Pietro


Aveva fatto il seminario a San Severino Marche con un compagno di corso di Serripola, Edoardo Menichelli. Due tipi svegli, che conoscevano perfettamente l’importanza di comunicare, soprattutto con la povera gente che nel dopoguerra era la totalità. O quasi. Di don Branchesi, il card. Tonini ‘pater’ di tutti i comunicatori nel nome di Dio, diceva talvolta esterrefatto: “E’ nato con il microfono in mano”.

Don Peppe era rimasto ‘in zona’, a differenza di don Edoardo, infine card. Menichelli. Per tutta la sua esemplare esistenza di prete. Aveva scelto il margine come punto d’osservazione. Da Passo Treia e poi per sempre, inamovibile come un papa, a Santa Maria in Selva. 600 abitanti, ma assolutamente non ‘anime morte’ alla Gogol. Da questo poggio treiese da dove si scorge (ma non si gode) il tormentato sky line di Macerata, don Peppe vedeva il mondo. Voleva fare il missionario per la verità, ma l’amore per la sua famiglia d’origine glielo aveva forse impedito. Chissà? Tuttavia era attivissimo sui fronti dei poveri tra i poveri della Terra: Brasile, poi l’Africa. 

Don Giuseppe se n’è andato il 19 aprile 2020, stroncato dal covid. La prima vittima della pandemia tra i preti della Marca. Probabilmente non aveva compreso – e nessuno con lui, allora – che quella terribile tosse che lo squassava da cima a fondo non era un semplice raffreddore. Tuttavia, seppure  avesse semplicemente intuito del mortale rischio connesso al suo essere sempre e comunque tra la gente, lo avrebbe corso con grande umiltà, coraggio e fratellanza.

Don Peppe con Claudia Koll

La sua grandezza nasce proprio alla confluenza di questi due altissimi valori che hanno trovato in don Branchesi la sintesi perfetta. Usava, unico fra tutti, l’appellativo ‘fratello’ e non era un caso quel piatto di polenta (usiamo per comodita’ questa compiacente sineddoche) per cui era conosciutissimo soprattutto a settembre per la sagra del borgo. Una notorietà di cui talvolta quasi si dispiaceva perchè non sempre era compreso, quel piatto, per quello che ai suoi occhi ed effettivamente era: una nuova laica comunione. 

No, la grandezza di don Peppe deve essere ancora completamente (ri)conosciuta. Non già dal suo popolo, la famiglia di 600 anime di Santa Maria in Selva. Che ricorda oggi alle 19 al SS.Crocefisso (e domenica alle ore 9,30, nella chiesa parrocchiale) il suo indimenticabile don Giuseppe Branchesi. 

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