“Continueremo a crescere”. D’Alberto punta sulla filiera Città-Provincia: “Risanato il bilancio, termineremo il lavoro di 5 anni. Teramo sarà nuova”

Raramente a Teramo è stata riconosciuta, nella storia, la sua importanza geografica e strategica. Nè quella che deriva dal nome, l’antica Praetutium da cui derivò Aprutium, l’Abruzzo intero, nè nella sua essenziale funzione di cerniera tra nord e sud della penisola, tra Europa e Borboni. Qui, forse per la bonomia dei suoi abitanti o per gli scarsi collegamenti, molto spesso si saccheggiò, si distrusse e ricostruì, come avvenne negli anni Sessanta a guida Dc. Anche le scrippelle, il piatto tipico teramano, sono state maltrattate, dai dominatori francesi di Bonaparte che se le portarono oltralpe, cambiando il nome in crepes e rendendole universali.

Ma Teramo la centralità se la riprende sempre. Anche stavolta, il 14 e 15 maggio nella tornata elettorale, perchè la città sarà un test per l’Abruzzo (e per l’intero Paese, dopo la vittoria a sorpresa del centrosinistra a Udine, nei feudi leghisti, con l’ex rettore De Toni). “Siamo un laboratorio politico a cui guardano tutti con interesse” sottolinea il sindaco, Gianguido D’Alberto.

Quarantasei anni, l’avvocato è stato la grande sorpresa di cinque anni fa quando, con il centrodestra che già festeggiava e faceva circolare i nomi dei futuri assessori, piombò sulla scena politica teramana e propose un modello nuovo, d’ascolto e valorizzazione, al di fuori dei tradizionali meccanismi “cencelliani” del voto. “Non credo a un civismo neutro – dice oggi – Ciò che ci rende una squadra è il rapporto che abbiamo creato nella coalizione tra partiti e liste civiche: i primi aperti alle istanze più vive della società, i secondi che riconoscono e supportano la centralità degli altri sancita dalla Costituzione”.

Anche stavolta D’Alberto fa leva sulla fiducia dei suoi cittadini che, a suo dire, sceglieranno la continuità dopo cinque anni che sono serviti a risanare i bilanci (“Lo abbiamo fatto con un buco di 17 milioni di euro lasciatoci in eredità”) e programmare.

E’ tutta qui la sfida di maggio. Continuare o bocciare le progettualità in fieri dell’attuale sindaco che ha dovuto resettare tutto, dopo anni, fino al 2018, veramente difficili. “Il commissario prefettizio disse senza mezzi termini che Teramo era il posto più difficile dopo Gioia Tauro” ricorda D’Alberto, che sciorina le sue conquiste. In primo luogo i fondi intercettati per dare alla città la bellezza e il prestigio di prima, circa 240 milioni “che serviranno a mettere a posto le scuole e riportarle in centro, così da rivitalizzarlo”, un lavoro iniziato con Villa Ripa e che riguarderà gli istituti San Giuseppe e Savini. E anche per il Teatro Romano per il quale “è stata pubblicata la gara d’appalto per restituirlo alla città”, il Teatro Comunale, le riqualificazioni del Mercato Coperto e del polmone verde della città, il Parco Fluviale, la riapertura del Castello della Monica.

Una città nuova è appena dietro l’angolo, dice il sindaco, ma gli avversari incalzano sul timing (l’avvocato Carlo Antonetti che rappresenta il centrodestra e l’outsider, a capo di sole civiche, Maria Cristina Marroni, una volta sua vice prima che si separassero i cammini) che, a causa di questioni burocratiche legate soprattutto alla ricostruzione post-terremoto del 2016, non ha agevolato certo il sindaco. 

D’Alberto, che è anche presidente di Anci Abruzzo, risponde pacato alle critiche e sottolinea le vittorie: “Per ciò che riguarda l’ambiente, Teramo è il primo capoluogo di provincia in Italia per raccolta differenziata. Stiamo valorizzando e rivitalizzando, con dieci milioni di fondi, i borghi storici come Forcella e Miano, riportando la gente in centro dopo l’inevitabile calo demografico dovuto al sisma, rigenerando appunto il patrimonio culturale, incentivando manifestazioni di successo come ‘Teramo indomita’ e ‘Natale teramano’, dando spazio all’associazionismo come nel caso di San Nicolò Tordino, in cui in dieci ‘gruppi’ hanno creato un laboratorio sociale di servizi e attività educative di interesse nazionale”. 

“Continueremo a crescere” ha detto ieri alla presentazione della civica “Insieme a Te” promossa dal presidente della Provincia, Camillo D’Andrea, con la sede tappezzata di manifesti rosa e amaranto. Anche dai colori si capisce l’esperimento trasversale di D’Alberto, figlio sì del patto qui solido tra Partito Democratico e Cinque Stelle, ma autonomo. Una corsa solitaria, come cinque anni fa, ma con l’idea della filiera (la città e l’area vasta, i borghi e le frazioni) che è stata sottolineata dal sindaco e da D’Andrea non a caso: per convincere gli elettori che manca poco al traguardo.

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