Se le cose stanno come ci fa capire El País con un sondaggio, il tentativo disperato di Pedro Sánchez, quello di dimettersi e chiedere elezioni anticipate per compattare le fila della sinistra, non avrà nessun effetto. La Spagna ha virato a destra già dalle amministrative dello scorso 28 maggio. Il 23 luglio sarà, almeno nelle intenzioni dei votanti, una ratifica: maggioranza assoluta al centrodestra (PP al 33% e 136 seggi a cui si aggiungerebbero i 38 di Vox) e centrosinistra irremediabilmente bocciato, anche a causa del mancato decollo del nuovo partito dell’ex numero 2 di Sánchez, Yolanda Diaz. Sumar, così si chiama, è diviso infatti dalla sua nascita. Troppi dissidi interni, troppe puntualizzazioni.
E se la sinistra si fa danno da sola, come spiegherà il leader del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, sempre moderato almeno a parole, l’apparentamento con Vox? Il grande dilemma della poltica spagnola è capire di che patto si tratta, perchè senza Santiago Abascal il PP poco può fare.
Vox continua ad andarci giù duro contro i diritti civili acquisiti che rendono la Spagna uno dei Paesi più civili al mondo. Un cartellone pubblicitario comparso ieri a Madrid nella centralissima Calle de Alcalà, dice tutto: raffigura una mano che getta in un cestino le bandiere catalane, con riferimento all’indipendentismo, la falce e martello dei comunisti, ma anche il logo dello sviluppo sostenibile, quello del movimento femminista e la bandiera arcobaleno dei diritti Lgbt. Sempre che decida di continuare ad essere quello che è stato sinora, Feijóo dovrà spiegare agli spagnoli cosa lo accomuna a Vox. O forse farà finta di niente.