Addio Michela Murgia. Scrittrice senza paura, una vita spesa per i diritti di tutti

Acabar, (in spagnolo) terminare. Così finiamo, improvvisamente o, come ha fatto Michela Murgia, informandoci dei suoi “preparativi per la villeggiatura” come li chiamò il grande poeta Remo Pagnanelli, facendo sapere a tutti del suo cancro, rendendo la situazione evidente. La trasparenza, questa è la prima cifra stilistica e politica della scrittrice sarda che è morta ieri a 51 anni, la chiarezza estrema, affinchè non ci siano equivoci. La stessa della sua Accabadora (titolo del romanzo, tradotto in ventuno lingue, che l’ha resa famosa in Italia e nel mondo), la donna-mito forse mai esistita, che andava dagli agonizzanti per finirli e porre fine alle loro sofferenze. 

E questa sete di verità l’ha esposta anche troppo. Si è sorbita gli strali della destra contraria ai diritti per cui invece Murgia ha lottato tutta le vita, processo naturale dopo essere diventata icona di coloro che credono nell’inclusione e nella solidarietà.

Un’esistenza tutta controcorrente, ma nessuno come lei ha rappresentato quello che è uno scrittore, una persona cioè destinata alla lotta e alla solitudine. Proprio per sfuggire all’accerchiamento dell’ignoranza, di quella regressione sociale che stiamo vivendo sulla nostra pelle, Michela allargò la sua famiglia (e prima di morire si è sposata), lasciando alla sua “comune” la continuità delle sue battaglie.

Nata a Cabras, in provincia di Oristano, da famiglia povera, ha fatto lavori disparati, cameriera, insegnante di religione, impiegata di call center, portiera d’albergo. Murgia è stata moderna anche in questo, nel sapere esattamente ciò di cui parlava. Nel suo Il mondo deve sapere, portato sugli schermi da Virzì (Tutta la vita davanti) la protagonista è una venditrice di aspirapolvere. Lei

In Ave Mary, saggio su femminismo e formazione cattolica (la sua), fa capire a tutti quanto fosse avanti, non solo letterariamente, ma anche sui nuovi linguaggi, sui social (e tv) che sfruttò in modo magistrale proprio per contrapporre la ricerca di una (qualche) verità all’oscurantismo dei nostri giorni. Tre ciotole è il suo ultimo libro. 

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