Con il no ufficiale al progetto Eurobuilding si chiude una vicenda che ha creato danno a tutti. Al sindaco e alla Giunta, che in tutti questi mesi hanno dovuto respingere le accuse, non documentate e a fronte di una volontà contraria espressa (“La governance l’abbiamo sempre noi, siamo noi che decidiamo sulla riqualificazione urbana”), di volere a tutti i costi il progetto. All’opposizione, a cui mancherà l’argomento principe per contestare l’operato di chi governa. Alla città, che per certo non avrà a breve un’idea di sviluppo dell’area portuale, perchè chi è il matto che si mette a presentare un altro progetto con tutto quello che è successo?
Certo che Antonelli, l’imprenditore che avrebbe voluto rifare l’area con 13 edifici, parchi, 2 hotel e nuove strade, avrebbe potuto presentare il progetto con la cautela che spetta a chi ha l’ambizione di cambiare il volto di una città. Non ha aspettato, nè il parere istituzionale nè la reazione della gente, che in massa ha bocciato la soluzione. Troppi interessi di mezzo, ma soprattutto centinaia di posizioni da tutelare. Semplicemente, il progetto era “troppo”. Ma una considerazione a posteriori va fatta: che ne vogliamo fare del Porto? Lo facciamo rimanere così nei secoli dei secoli o lo rendiamo fonte di ricchezza per tutti?
Perchè c’è una domanda che ci siamo fatti in questi mesi: va bene che il progetto Eurobuilding, paracadutato così dall’alto da chi l’ha proposto all’aministrazione senza previe consultazioni dei residenti, era destinato comunque a fallire, ma non sarà mica che la vera ragione, specie di chi lo ha contestato politicamente, sia un’avversione congenita al privato? Perchè c’è da chiarire una volta per tutte la questione: il privato propone (come in questo caso ed è stato bocciato) e l’amministrazione decide, ma la loro collaborazione è, per non dire essenziale, quanto meno lecita e in alcuni casi auspicabile.